Scaffale / Le vicende della sfortunata Angelina Mioccio in un libro della giornalista Rossella Jannello, una “malastoria” di violenze e soprusi

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Non è semplicemente una storia d’amore (che già di per sé stessa semplice non lo è  mai) con un finale tragico, ma una tragica storia d’amore, frutto di condizionamenti sociali, di abitudini e costumi di un’epoca, il Novecento, in un contesto, quello siciliano, catanese in particolare, capace, al tempo stesso, di stupire il mondo con le sue meraviglie e di lasciarlo perplesso con la consuetudine di alcune usanze, per certi aspetti macabre. Tutto questo e ancora molto altro è racchiuso nel romanzo “La Bella Angelina”, scritto dalla giornalista Rossella Jannello, cronista de “La Sicilia”, edito da Carthago.

E’ la storia della giovane Angelina, appartenente ad una facoltosa famiglia catanese, di origine ebrea, che vive in modo felice e lussuoso i primi anni della sua vita, fino al momento in cui, giunta “in età da marito”, vede finire la libertà dei suoi sogni ovattati per ottemperare al ruolo di “preferita” del padre: “Il primo odore che ricordo (…) è il sentore del sigaro di mio padre che nel salone mi aspettava”. Ciò significava accettare l’uomo che lui le aveva scelto come marito per il resto della vita. Resto della vita molto breve, perché Angelina preferisce la morte all’età di diciannove anni, piuttosto che una lunga esistenza senza la persona che ama, “Alfio”, ragazzo semplice, mezzo parente, ma di opposta condizione sociale. Il Castello di Leucatia, sito nel quartiere Canalicchio di Catania, fatto costruire dal padre della ragazza come dono di nozze ai futuri sposi, registra gli ultimi attimi di vita di Angelina, giacché è dal torrione che la stessa, nel 1911, si lancia nel vuoto. Alfio, seppur ricambiando il suo amore, non ha avuto, infatti, il coraggio necessario per affrontare il padre dell’amata, anche perché avrebbe perso il lavoro ottenuto da lui. Di ciò si pentirà per sempre.
Questa la vicenda “terrena”, a cui segue quella “post mortem”. Già, perché a differenza delle morti “tradizionali”, che pongono un limite alla persistenza del corpo, quella di Angelina lo vede continuare, a discapito dello scorrere del tempo: “[…] E ora giaccio qui, prigioniera del mio corpo. Giovane per sempre”. Il potente padre della ragazza decide, infatti, di far imbalsamare la salma della figlia, che in tal modo non troverà mai pace, seppur posta in una cappella, lungo il viale del monumentale cimitero catanese. La scrittrice, giunta a conoscenza di questa tragica storia, non l’ha soltanto raccontata, ma l’ha contestualizzata, dando pari importanza a vari elementi. Diversi ed ampi approfondimenti, infatti, arricchiscono il libro. Essi riguardano, innanzitutto, il luogo in cui si svolge la vicenda, ovvero la Catania dei primi anni del Novecento, sfavillante di cultura e vivacità: “Superba rivale di Palermo”, come fu definita da Jules Verne, continuando con gli eventi storici, come la visita, nel 1908, del Re Vittorio Emanuele III, per l’inaugurazione dell’Esposizione agricola, che proiettò la città nello scenario europeo. La sua disamina riguarda ancora i dati economici, derivanti dal primeggiare dell’artigianato, consistente, in modo particolare, nella lavorazione del cuoio, le novità culturali del momento, riflesse nei vari cinema, quali l’Eliseo o l’Olimpya, partiti proprio allora, le abitudini macabre di alcune famiglie nobili e benestanti, non soltanto del catanese, come, appunto, l’imbalsamazione dei cadaveri, tra cui l’autrice ricorda quella del poeta catanese Mario Rapisardi, per chiudere con le vicende accadute nel corso del tempo alla mummia di Angelina, dopo la morte dei componenti diretti della famiglia e dei parenti prossimi. La cappella, ad un certo momento, divenne luogo di culto da parte di coloro che, impietositi dalla bellezza della giovane, le lasciavano dinnanzi fiori ed oggetti vari. Tutto questo è corredato nel libro anche da alcune fotografie.
Riflettori puntati, dunque, su una storia singolare, affascinante ed inquietante allo stesso tempo, che non si può far rientrare certamente in un unico genere letterario, ma che ne tocca diversi, proprio per i suoi vari aspetti appena descritti. Il romanzo sicuramente costituisce un’ampia finestra, aperta su una parte di storia locale non da tutti conosciuta e stimola l’interesse del lettore per l’approfondimento della stessa.

Rita Messina

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