Giovanni Cappelletto, presidente dell’Uelci: “Le librerie religiose non sono soltanto negozi commerciali e, se chiudono, si crea un vuoto di proposta culturale nel territorio”. Don Giuseppe Costa, direttore della Libreria editrice vaticana (Lev): “Il calo della lettura non è compensato dai libri elettronici o da altri canali digitali. È una perdita di sensibilità che dovrebbe preoccupare”
Se non si arresta la caduta libera dei lettori in Italia, con un saldo negativo di quasi 820mila persone nel solo 2014, anche per l’editoria religiosa le cose potrebbero complicarsi. La crisi del libro, però, potrebbe essere l’occasione giusta per ripensare un settore strategico nella vita della Chiesa e trovare nuove forme di rilancio. I numeri, infatti, mostrano una realtà viva e, soprattutto, lasciano intravedere spiragli interessanti di ripresa. I lettori di libri di argomento religioso sono raddoppiati in 14 anni, raggiungendo oggi quota 5,7 milioni. Dai dati contenuti nel Quinto osservatorio sull’editoria cattolica, curato da Associazione italiana editori (Aie) e dal Consorzio editoria cattolica (Cec) per conto dell’Unione editori e librai cattolici italiani (Uelci), emerge un fenomeno in crescita: una fetta consistente di lettori, circa 4 italiani su 10, è composta da non praticanti e non credenti. È questo il nuovo pubblico da raggiungere.
Nuove linee editoriali. “Sono persone che non provengono da parrocchie, oratori o associazioni ma si pongono ugualmente domande sul senso della vita”, spiega Giovanni Cappelletto, direttore editoriale della casa editrice Centro Ambrosiano e presidente dell’Uelci. L’avvicinamento al libro religioso avviene per motivi culturali o di formazione personale: “Il nostro mondo si sta riducendo e si fa avanti un universo ancora abbastanza indistinto di persone interessate alla ricerca culturale per arricchire e migliorare la propria vita. Come editori cattolici – aggiunge – dobbiamo intercettare questi lettori e dare risposti efficaci. Gli strumenti utilizzati finora non vanno più bene sia per la difficoltà del linguaggio che per la tendenza a dare per acquisiti concetti che in realtà non lo sono. Occorre pensare una linea editoriale diversa”. Negli ultimi anni anche l’editoria laica ha iniziato a interessarsi del libro religioso e oggi bisogna fare i conti con una concorrenza sempre più agguerrita: se nel 2010 gli editori laici rappresentavano il 24% dell’offerta, nel 2014 sono arrivati a sfiorare il 26%. “Il mondo laico ha visto uno spiraglio e si è inserito con un numero elevato di libri religiosi. Mentre all’inizio tendeva a mettere in catalogo soltanto autori da best seller – precisa Cappelletto -, adesso esistono linee editoriali dedicate”. Bisogna, dunque, ripensare le proposte partendo, ad esempio, da generi come la narrativa o il libro per ragazzi che sono stati abbandonati dall’editoria cattolica e sono diventati appannaggio quasi esclusivo di quella laica. Senza dimenticare la crisi che ha colpito le librerie religiose: “Perderne una significa potenzialmente perdere lettori. La loro chiusura determina una mancanza nell’offerta di lettura religiosa – sottolinea il presidente dell’Uelci -, poiché gli altri spazi di diffusione, al momento, non sono in grado di intercettare i lettori orfani. Le librerie religiose non sono soltanto negozi commerciali e, se chiudono, si crea un vuoto di proposta culturale nel territorio. È un problema grave ma sottovalutato”.
Buono lettura per i religiosi. La diminuzione delle vendite è evidente a tutti i livelli. Per don Giuseppe Costa, direttore della Libreria editrice vaticana (Lev), “il calo della lettura non è compensato dai libri elettronici o da altri canali digitali. È una perdita di sensibilità che dovrebbe preoccupare. Non ci sono più alcune abitudini consolidate. Una volta quando un sacerdote incontrava un giovane che voleva farsi guidare, la prima cosa che faceva era suggerire la lettura di un libro. Un testo classico era ‘L’arte di essere capo’ di Gaston Courtois, che abituava i giovani cattolici a crescere con senso di responsabilità e servizio verso gli altri. Un ragazzo arrivava così alla fine dell’adolescenza con un bagaglio culturale di letture proposte o ricercate. Oggi questo non accade più e con che cosa è stato sostituito? È un grande interrogativo che dovrebbe preoccupare chi si occupa di pastorale”. La chiusura di riviste come “Il Regno” o “Settimana” testimonia la difficoltà del pubblico cattolico, che fatica a interessarsi alla vita della Chiesa con strumenti tradizionali. Tuttavia, evidenzia don Costa, bisogna considerare che “le riviste sono legate alle radici: solo se si mantengono vive, l’albero cresce. Quando nacque ‘Il Regno’ c’era un movimento d’opinione e una sensibilità particolare, erano gli anni dell’immediato pre-Concilio. Con l’evoluzione della problematica ecclesiale e i cambiamenti storici, però, quella scintilla iniziale si è spenta poco a poco”. Un punto da cui ripartire potrebbe essere l’agiografia: “Manca quella di grande valore. Se avessimo scrittori cattolici capaci di raccontare le storie dei santi e dei martiri di oggi e di ieri…”. Infine la lettura da parte dei religiosi, anche questa in calo soprattutto tra gli uomini. Da qui la proposta di un buono lettura “di cui potrebbe farsi carico la comunità – conclude don Costa -, se riconosce nel servizio dei sacerdoti un’opera importante e vuole incoraggiare l’aggiornamento professionale. Si potrebbe esercitare così una sorta di carità intellettuale”.
Riccardo Benotti