“Nella prospettiva cristiana che ci apre Chiara Lubich, l’Amore è la chiave di tutto, quell’Amore infinito che proprio perché è amore dona tutto, e si riflette in modo infinito anche nella creazione”.
Sembrerebbero parole scritte per l’avviarsi del processo di beatificazione della fondatrice dei Focolari, ed invece ci aspettano due sorprese: “Numeri e luce. Sul significato sapienziale della matematica” (Città Nuova, 157 pagine) è stato scritto molto tempo prima da Judith Povilus, che, e questa è la seconda sorpresa, insegna Logica e Fondamenti di matematica. Immaginiamo lo stupore del lettore: che c’entra il pensiero religioso di Chiara Lubich con la matematica? E più in generale, che senso ha scrivere un libro su fede e matematica? La Povilus spiega che matematica, geometria, logica e religione sono strettamente legate tra di loro, fin dai pensatori presocratici, per non parlare di Pitagora e di Platone.
Per un lungo periodo questo discorso è stato abbandonato, perché la scienza è stata guidata da un atteggiamento unicamente rivolto al particolare, staccato da tutto il resto, il che, secondo l’autrice, è una limitazione. La moderna fisica ci sta dimostrando che forse gli antichi pensatori non avevano tutti i torti, e che indagare il numero – e le sue relazioni – poteva aprire inimmaginabili scenari.
Suggerirci ad esempio qualcosa sul concetto di infinito e di relazione che la Povilus collega ad uno scritto inedito risalente al 1949 in cui Chiara Lubich afferma: “Lo spazio è geometricamente un’infinità di piani e questi un’infinità di rette, e queste un’infinità di punti. E il punto non esiste, ché non ha dimensioni”. La studiosa di matematica è convinta della giustezza di questo approccio, perché la logica non è altro che un modo, limitato in quanto umano, per avvicinarsi al concetto di infinità che altrimenti noi non potremmo mai afferrare.
Ma le considerazioni di Chiara qui riportate non si fermano ad un mero ragionamento logico-matematico: l’infinità dei punti ci porta a pensare per analogia all’infinità di Dio. C’è qualcosa di più, che sorprendentemente mette in relazione lo studio analitico con la teologia trinitaria: “Perciò Gesù -anche se uno dei tanti uomini- è l’uomo, l’uno, in cui tutti gli uomini sono, se sono persi in Lui, perché di per se stessi sono nulla”. L’osservazione non è di poco conto, perché pone da una parte il tema tanto caro alla Lubich dell’amore di Dio per gli uomini e dall’altra un riferimento basilare e spesso trascurato del rapporto, vale a dire dell’uscita da sé, della relazione. Se la logica e la matematica possiedono un minimo fondamento nella realtà complessiva del cosmo, sembra dire l’autrice, allora il discorso è rivoluzionario. A dirla con la Povilus, un punto da solo, in sé, non esiste, perché si perde nell’infinità della dimensione che lo contiene, ma “solo in rapporto con almeno un altro punto acquista significato, (…) acquista una dimensione infinitamente superiore. Scopriamo davvero dappertutto le orme detta Trinità!”.
Il discorso della studiosa vuole evidenziare una cosa molto precisa, servendosi anche di apporti precedenti, come quello di Ennio De Giorgi e delle elaborazioni di un’altra matematica, Lidia Obojska: lo studio delle interconnessioni tra fisica, matematica e logica ci mostrano, o almeno, così sembra ad alcuni, che nell’universo vi è un movimento relazionale che esclude modelli statici da leggere in senso unicamente e piattamente materialistico. Vi è sempre un movimento di un punto verso un altro, e questo movimento, sta qui la sorprendente conclusione della Povilus, non è una questione a due, ma a tre, perché la relazione è il terzo elemento attivo. Questo vuol dire che la relazione non è una semplice costruzione psichica che non ha basi scientifiche, ma rappresenta un attore fondamentale, senza il quale non vi sarebbe vita. Ecco perché i logici, i matematici, i filosofi e i mistici citati in questo studio concordano con una “scandalosa” (per quelli ancorati al vecchio determinismo materialistico) analogia tra il disegno inscritto nella realtà fisica e la relazione tra le persone della Trinità.
Uno studio rivoluzionario e antico nello stesso tempo, perché si aggancia ad alcune intuizioni di molti secoli fa, che ci mostra come molti pregiudizi sul rapporto tra numeri, simboli e sacro mostrano tutti i limiti dei tempi in cui sono nati.
Marco Testi