Scienza e fede / Nello spazio c’è spazio per Dio: icone sacre sulle astronavi

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samantha Dalla storica impresa di Yuri Gagarin ad oggi la comunità scientifica e l’umanità tutta hanno fatto moltissimi passi in avanti. A poco a poco l’uomo ha cominciato a conoscere lo spazio sconfinato che circonda il nostro pianeta, niente più che un puntino nell’universo. Si è scoperto piccolo, immaginando e sperando di non essere solo. Proprio in occasione della partenza della prima donna italiana in orbita, Samantha Cristoforetti, l’opinione pubblica è tornata ad interessarsi dei viaggi interstellari.

Dalla storica impresa di Yuri Gagarin ad oggi la comunità scientifica e l’umanità tutta hanno fatto moltissimi passi in avanti. A poco a poco l’uomo ha cominciato a conoscere lo spazio sconfinato che circonda il nostro pianeta, niente più che un puntino nell’universo. Si è scoperto piccolo, immaginando e sperando di non essere solo. Proprio in occasione della partenza della prima donna italiana in orbita, Samantha Cristoforetti, l’opinione pubblica è tornata ad interessarsi dei viaggi interstellari.
A margine della missione è emerso un particolare che sta facendo discutere: un fotogramma che documenta la presenza di alcune icone sacre appartenenti a diverse tradizioni religiose nella Stazione Spaziale Internazionale. “Abbiamo quattro icone sacre, i vangeli e una grande croce. Io ho un reliquiario della croce nella mia cabina. Me l’ha data un sacerdote”, raccontava quattro anni fa l’astronauta russo Maksim Suraev. Mentre sulla Terra la dimensione religiosa è spesso motivo di conflitto o di scandalo e si contrappone al progresso – supposto tale – delle tecnologie, diversamente fra le stelle, dove il silenzio sembra quasi raccontare la meraviglia della Creazione, scienza e fede si intersecano e si completano. Una lezione ricca di contenuto, nella sana prospettiva dell’ecumenismo: nello spazio c’è spazio per Dio e per la spiritualità di ciascuno.
C’è posto per l’anima, emancipata dalla gravità delle preoccupazioni quotidiane. Un luogo intriso di stupore, tanto lontano, quanto umano. Così ancora una volta riecheggia la saggezza della Bibbia, che già e specie nel Vecchio Testamento celebra la bellezza dell’esistenza: “I cieli narrano la gloria di Dio, e l’opera delle sue mani annunzia il firmamento” (Sal 19,2). Una ragione in più per tenere alta la testa, puntando lo sguardo verso l’avvenire.

  Elia Torrisi

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