Il 30 aprile 1986 in Italia è avvenuta la prima connessione a internet e trent’anni dopo si può tranquillamente riconoscere che l’avvio della rete e la sua diffusione hanno cambiato la vita a moltissime persone. Naturalmente anche il mondo della scuola è stato coinvolto, sia pure con passo non sempre regolare. Uno dei problemi è, ad esempio, quello di realizzare le infrastrutture che permettano a tutti gli istituti scolastici di utilizzare le potenzialità della rete, a cominciare dalla connessione a banda larga, fino alle aule dedicate, con strumentazione tecnologica idonea. Un altro nodo decisivo è poi quello della formazione del personale e dei docenti in particolare per quanto riguarda non solo le competenze tecnologiche, ma anche e soprattutto le caratteristiche di una didattica digitale, che evidentemente non è traducibile soltanto nell’utilizzo a scuola del pc o del tablet. A questo proposito si discute da anni e, in verità, si sperimenta anche, con diverse “classi digitali” in tutto il Paese che stanno provando a costruire percorsi scolastici innovativi.
Internet a scuola – e nella società – vuol dire anche opportunità moltiplicate nel bene e nel male, con fenomeni che negli ultimi anni hanno attirato spesso l’attenzione dei media. I casi diffusi di cyberbullismo, con episodi anche gravissimi, hanno posto sempre di più il problema dell’educazione in rapporto alla strumentazione e alle possibilità della tecnologia. I più giovani, sul primo versante – quello delle abilità – sono facilitati. Si parla di loro come “nativi digitali” e una radio a diffusione nazionale propone ogni giorno un refrain pubblicitario che spiega come sia “normale” che “tuo figlio di tre anni usi il tablet meglio di te”. Vero. Tuttavia l’abilità va accompagnata con la crescita della consapevolezza ed ecco la centralità dell’educazione e della scuola. Rispetto a internet e alla “rivoluzione digitale” è forse qui il punto più delicato e il compito più pertinente per le istituzioni scolastiche.
Bisogna riconoscere che molto si sta facendo. Il governo, ad esempio, sta implementando il Piano nazionale scuola digitale, “lanciato” a fine ottobre dell’anno scorso. Proprio in occasione dell’Internet-day, la celebrazione dei trent’anni dalla prima connessione, il Miur ha fatto il punto, segnalando come sia stato già attuato “al 60%”, con l’avvio di 19 azioni su 35 e le altre in partenza tra maggio e dicembre 2016. Con un investimento di 350 milioni già partiti. Tra l’altro si è avviato, ad esempio, il processo per la fibra a banda larga in ogni scuola e il cablaggio interno. Ma la partita più importante è forse quella della formazione. Con il ministro Giannini che annota: “Il lavoro da fare riguarda anche la formazione di chi trasmette la conoscenza, perché Internet è strumento e luogo, però poi ci sono persone che incarnano questi nuovi modelli: sono gli insegnanti, sono gli educatori. Noi con la prima fase di attuazione della scuole digitale, dopo un anno di lavoro abbiamo coinvolto 157mila insegnanti in tutta Italia. Non è ancora tutto quello che serve, ma è davvero un passo avanti”.
Insomma, si cammina. O, per dirla con un termine più adeguato al web, si “naviga”. L’importante è non farlo “a vista”, ma avendo sempre (abbastanza) chiara una rotta da seguire.
Alberto Campoleoni