L’ora di religione può essere vista come una risorsa per la società, per il futuro, per tutti. Non è un’ora come tutte le altre: va oltre l’unità temporale di 60 min. Durante l’ora di religione si può parlare della vita, di attualità, si possono condividere i propri pensieri in un clima di rispetto e di civiltà. Questo confronto, questo scambio dialogico è un crescita per tutti. Di recente ha sorpreso il mondo della scuola il premio assegnato alla prof. Maria Raspatelli, docente di religione proveniente dal territorio di Bari. Un riconoscimento importante che va a beneficio di tutta la categoria degli IdR (insegnanti di Religione).
L’ora di religione: grande gioia per premio conferito alla prof. Raspatelli
Abbiamo chiesto ad alcuni alunni del Liceo Scientifico, cosa significa per loro partecipare all’ora di religione, soprattutto nel 2022 dove la generazione di ragazzi è cambiata parecchio rispetto alle precedenti.
Gli studenti hanno risposto cosi: “Fare religione a scuola per me significa conoscere se stessi ed essere connessi, nel senso di capire e apprezzare gli altri. Per me vuol dire provare a conoscere nel profondo, coinvolgere gli altri nel proprio lavoro quando ci dividiamo in gruppi oppure cercare di capire il loro modo di pensare o di agire. Durante quest’ora, grazie alle conversazioni, si apprendono anche lezioni di vita, perché bisogna scoprire i significati delle parole per comprenderli e farli maturare dentro di sé”. E ancora: “Durante una lezione di religione diventa importante ascoltare. Ascoltare ci permette di aprire gli occhi e la mente e penso che sia uno degli atteggiamenti migliori per dimostrare comprensione verso gli altri”.
L’ora di religione: una risorsa per imparare ad ascoltarci a vicenda
“Per me seguire l’ora di religione vuol dire staccare dalla didattica tradizionale delle altre materie, non sentirmi troppo poco per nessuno e quindi a mio agio – afferma un altro studente. – Quest’ora di grandi discorsi dà soprattutto spunti per una crescita personale e in termini di rispetto verso gli altri e capacità comunicative non indifferenti. Direi che in quest’ora si prova ad essere persone migliori”.
“Penso sia riduttivo chiamarla ora e non è totalmente proporzionato chiamarla di religione. C’è invece un atteggiamento che andrebbe sempre mantenuto, uno stile di vita, un insegnamento quotidiano: quello del dialogo. Tutti insieme quando creiamo dei dialoghi – dice una studentessa – esprimiamo i nostri pensieri su questioni esistenziali e allo stesso tempo riflettiamo su essi. Nella scuola dovrebbero esserci più lezioni in cui noi studenti esprimiamo le nostre idee sull’argomento che stiamo trattando. In realtà ero partita con l’idea di non voler fare religione alle superiori. Mia mamma mi ha detto che in prima l’avrei fatta per rendermi conto e poter scegliere se continuare oppure no. Dopo la prima non ha avuto dubbi: la ritengo un’ora fondamentale per gli insegnamenti che trasmette e per il benessere che mi porta”.
L’ora di religione a scuola: risorsa ed opportunità per tutti
Daniel Pennac, in Diario di scuola, adopera la metafora dell’orchestra per descrivere l’insegnante, il gruppo classe e la sintonia che può nascere nel gruppo stesso. “Ogni studente suona il suo strumento. La cosa difficile è conoscere bene i nostri musicisti e trovare l’armonia. Una buona classe non è un reggimento che marcia al passo, è un’orchestra che prova la stessa sinfonia. […] Il piacere dell’armonia li fa progredire tutti, alla fine anche il piccolo triangolo conoscerà la musica, forse non in maniera brillante come il primo violino, ma conoscerà la stessa musica”. A queste parole si potrebbe aggiungere che l’insegnante è un uomo per la vita. Nei suoi discorsi circola linfa vitale per i propri studenti, ovvero parole di vita e di crescita per ciascuno.
Riccardo Naty