Arriva dalla Finlandia un nuovissimo metodo di apprendimento nelle scuole, basato sui “fenomeni”. In una delle migliori scuole medie finlandesi, la “Comprehensive School” di Hauho, è già in atto questo nuovo metodo di studio. Questo sistema scolastico è stato teorizzato da Kirsti Lonka, una docente di Psicologia educativa all’Università di Helsinki; ha riscosso un gran successo ed è stato certificato dal Pisa (Organizzazione per la cooperazione economia e lo sviluppo mondiale).
Il metodo di apprendimento basato sui “fenomeni” non comprende i classici metodi di studio con materie e libri da studiare ma deve fornire agli studenti, attraverso l’uso di pc, tablet e smarthphone, le capacità adeguate per sapersi muovere nel web. Cerca di far capire agli studenti quali sono le notizie false che girano in rete, come installare programmi antivirus, come sapersi difendere dal cyber-bullismo. Il tipo di approccio è “collaborativo”, quindi gli studenti devono esprimere quelle che sono le proprie capacità personali, i propri interessi, le proprie aspirazioni future e maturarle tramite l’uso della tecnologia.
Non ci sono più i famosi compiti a casa, valutati non stimolanti per gli allievi ma le competenze da acquisire vengono sviluppate in classe. Pc, tablet e smarthphone sono ormai diventati gli strumenti di ricerca.
Si potrebbe affermare che la Finlandia sia un passo avanti all’Italia. Ma è davvero così? Ormai le nuove tecnologie hanno sostituito il cartaceo, i libri. Non si sfogliano più giornali, riviste, libri, appunto. Siamo sicuri che questo sia un sistema adatto ai ragazzi delle nuove generazioni?
Il problema è capire realmente ciò che sia utile per questi giovani al giorno d’oggi. Studiare ormai è diventato difficile per molti. La tecnologia andrà sempre avanti ed è impossibile arrestarla, dipende solo da noi il suo buon utilizzo.
Il rischio di questo nuovo sistema è quello di non educare alla lettura e ai classici che hanno formato intere generazioni per anni. Niente più biblioteche, niente più libri, insomma niente più cultura.
Michela Abbascià