Scuola/tecnologie: digitale delle nostre brame. Occorre un salto di qualità strutturale

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smsAvanti verso la scuola digitale. Indubbiamente è una strada da intraprendere ma i segnali “dal pianeta terra” – cioè dalla realtà quotidiana – continuano ad essere contrastanti.

Così, se per la scuola digitale servono anzitutto collegamenti veloci, reti a banda larga, accesso ad internet non limitato alle segreterie, oltre a devices adeguati (e formazione, naturalmente) a disposizione di alunni e insegnanti (leggi: computer, lavagne multimediali, tablet e quant’altro), spesso dal mondo scolastico viene la denuncia che manca (quasi) tutto. Ha fatto scalpore, ad esempio, all’inizio dell’anno scolastico, l’appello del liceo Mamiani, uno dei più importanti e blasonati di Roma (chissà in altre realtà meno centrali…) per avere in dono qualche computer (“Dona un pc al liceo Mamiani, aiutaci ad informatizzare tutte le aule”: così si leggeva sul sito internet dell’istituto). Certo, ci sono anche situazioni virtuose, dove intere classi possono beneficiare di tablet su cui studiare (ma magari la connessione non è adeguata) e, a dirla tutta, sperimentazioni ben avviate da qualche anno (con l’impegno di istituzioni pubbliche e privati). Tuttavia internet a scuola e le conseguenti condizioni per una “didattica tecnologica” capace di dare un passo nuovo alla scuola italiana sembrano ancora ipotesi lontane o quantomeno realtà limitate territorialmente e nelle potenzialità.
In questo contesto non stupiscono i dati della recente ricerca legata al progetto europeo “Net children go mobile” e condotta in Italia da una ricercatrice dell’Università Cattolica di Milano. La ricerca ha analizzato l’uso che di internet fanno i ragazzini europei (9-16 anni) con questionari distribuiti anche ai genitori. Su quattro Paesi campione – Italia, Danimarca, Regno Unito e Romania – ecco che proprio i ragazzini italiani si piazzano all’ultimo posto per uso di internet a scuola. Solo 8 ragazzini italiani su 100 si collegano quotidianamente dagli istituti scolastici. In Romania si sale a 11, nel Regno Unito si arriva a 29 e in Danimarca a ben 61.
Sono più indietro i ragazzini italiani? Non in generale, se è vero che risultano addirittura più bravi dei coetanei degli altri Paesi per quanto riguarda il collegamento a internet “con mezzi propri”, leggasi smartphone e tablet personali, che evidentemente alle nuove generazioni non mancano. Un ragazzino italiano su tre consulta internet praticamente ovunque, come succede ai coetanei britannici, “bagnando il naso” a danesi (solo il 26%) e soprattutto ai romeni (fermi, in questo caso, all’8%).
Un successo, si dirà. Forse. Ma di fatto questa performance buona non può non far pensare di nuovo alla “negatività” dell’ambiente scolastico, sottolineandone l’inadeguatezza. Se i nostri ragazzi sono bravi a collegarsi e usare internet, ma a scuola questo avviene poco, allora la scuola “non ce la fa”, non è attrezzata adeguatamente.
E siamo al punto iniziale. Occorre un salto di qualità strutturale, occorrono risorse. Il ministro Carrozza dice che si sta lavorando in questa direzione, che ha “rosicchiato” già qualche milione per le necessità scolastiche. Vero. Certo serve fare di più. Sul piano dei soldi – per avere le strutture – e su quello della formazione – per gli operatori -: solo così il termine “scuola digitale” può sperare di avere davvero significato non solo per qualche (importantissima, intendiamoci) avanguardia.

                                                                                Alberto Campoleoni

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