Un altro ragazzo che muore in gita scolastica. Dopo la tragica vicenda di Domenico Maurantonio – lo studente di Padova di 19 anni morto lo scorso 10 maggio dopo un volo di parecchi metri dalla finestra del quinto piano dell’hotel dove era ospite con la classe a Milano per una gita a Expo – ecco quella di Elia Barbetti, studente di 17 anni, di un liceo di Cecina, anche lui a Milano con la classe, in gita per visitare l’esposizione internazionale.
Un altro salto nel vuoto da una stanza d’albergo. Un’altra indagine, per capire cosa sia successo – l’inchiesta sulla tragedia di maggio è ancora aperta – anche se si parla con insistenza di una caduta accidentale, forse per un malore. Si parla anche di uno spinello.
Cosa sia successo lo appureranno gli investigatori, a noi resta anzitutto lo sgomento di fronte al mistero di una vita che si spezza così presto, lo smarrimento di fronte al dolore di genitori lacerati e increduli. Smarrimento e dolore che tanti coetanei di Elia hanno subito espresso come si fa oggi, su Facebook, con un post sulla bacheca virtuale, dove l’esistenza corre veloce e si riassume in piccoli scritti e fotografie. Smarrimento, dolore, ma anche – sono proprio i post su Facebook a farlo notare – la ribellione di fronte alla morte e la riaffermazione, prepotente, della vita. Ci sono le fotografie, i saluti, i ricordi delle partite di calcio e calcetto. Parole e “parolacce”, come si addice ai ragazzi. E anche la domanda che non sempre si riesce a formulare: perché? “Perché proprio lui?”, scrive un amico.
Tante parole, emozioni, che danno corpo all’intensità con cui i più giovani – e non solo loro, in verità – affrontano la vita, anche quando fanno cose esagerate, addirittura pericolose. Fino a “morire di vita”, come è scritto, a proposito dell’accaduto, su un commento della redazione di Skuola.net, portale molto seguito dalla “tribù” degli studenti. “Le gite scolastiche – scrive Skuola.net – sono un momento in cui divorare esperienze, assaporare libertà, fare tutto ciò che non è lecito fare ‘di solito’. Non sappiamo cosa ha spinto Elia giù dalla finestra. Di sicuro sappiamo che l’intento di Elia non era di certo quello di morire. Il suo intento era quello di vivere, la sua smania era quella di crescere. Poter tirare tardi la sera con gli amici, addentare la nuova città, sperimentare un viaggio. Azzardare quel passo in più verso le cose ‘da grandi’ senza, in realtà, ancora esserlo”.
Sulle gite scolastiche, poi, ancora Skuola.net pubblica una mini indagine non proprio rassicurante, su un campione di circa 1.500 studenti. Niente di scientifico, intendiamoci, però… 2 su 5 raccontano di uscite notturne di nascosto dai professori accompagnatori, il 13% parla di episodi di bullismo. 1 su 4 dice di essersi ubriacato con i compagni e più del 13% avrebbe consumato droghe.
Insomma, c’è di che riflettere, mediando tra la “vena trasgressiva” e gli eccessi, tra la voglia di “divorare esperienze” e la capacità di mantenersi entro limiti di sicurezza. Con un pensiero “da adulti”, che coinvolge la scuola e i genitori, non si può non chiedersi come fare a intercettare questa “voracità” e volgerla al positivo, orientarla, favorendo l’esplosione del bene, del bello, del buono – della vita piena – che probabilmente è quanto davvero cerca ciascuno, magari perdendosi in strade senza uscita o in corridoi bui.
Anche una tragedia come quella di Elia – e di Domenico – una scossa così forte e drammatica, può aiutare ad accendere la luce.
Alberto Campoleoni