Era il sesto figlio, anzi non era chiaro se fosse proprio il sesto oppure il settimo, perché quel giorno la mamma aveva partorito due gemelli identici.
Ma ormai lo avevano chiamato Sesto e gli andava bene così; suo fratello lo avevano chiamato Marcantonio (Settimo o Settimio a papà e mamma non piacevano) e lui preferiva un nome breve.
Prendevano il latte dalla mamma, ma visto che litigavano un po’ perché erano in due e il latte non bastava, gli avevano comprato due bei biberon di colori diversi per non confonderli (uno rosso per Sesto e uno verde per Marcantonio) e le liti per il latte erano finite.
Poi erano cominciate quelle per i giocattoli, cosa comune quando si è in tanti fratelli, ma erano liti pacifiche, anzi facevano parte del gioco.
Tutto sommato, erano cresciuti bene e sani, a parte il morbillo e gli orecchioni e qualche mal di pancia se mangiavano troppo gelato e patatine.
All’asilo nido, per non farli stare sempre insieme, li avevano divisi in due classi diverse e dopo i primi tre giorni non piangevano più, anzi erano contenti di stare con tanti altri bambini.
Ma da allora le loro strade cominciarono a separarsi, almeno per una parte della giornata.
La prima festa di compleanno l’avevano fatta naturalmente lo stesso giorno, ma Sesto di mattina e Marcantonio di sera.
Sesto aveva festeggiato con i suoi compagni, mangiando panini col salame, pizza, torta al cioccolato e bevendo aranciata e succo di frutta. Poi avevano cantato, corso e giocato, facendo ammattire la maestra.
La seconda festa di compleanno fu ancora più meravigliosa; stavolta per Sesto fu di sera, a casa.
Videro un bel film di cartoni animati, poi si scatenarono per le stanze, provando ad imitarne i personaggi; anche la torta alla crema aveva disegnati sopra gli eroi dei cartoni animati ed era quasi un peccato tagliarla. Sesto soffiò sulle candeline, con un po’ di fatica per spegnerle tutte al primo colpo, poi divorarono la torta e venne il momento di aprire i regali: trovò un videogioco, una macchina radiocomandata, dei vestiti e un paio di scarpe misura 30 (sì, aveva proprio un bel piede!).
La terza festa di compleanno rimase nella storia: lo festeggiarono in pizzeria; c’erano i compagni di scuola e gli amici, ragazzi e ragazze. Presero delle pizze buonissime, mangiarono la torta che stavolta era decorata con i colori della sua squadra del cuore e ricevette una divisa completa da calcio col numero 10 stampato dietro (che un po’ stonava col nome: Sesto), un pallone regolamentare e un fischietto da arbitro.
Alla quarta festa di compleanno si sentiva già grande, per cui non volle i genitori, che si limitarono ad accompagnarlo in discoteca. Ballarono tutta la sera e a mezzanotte brindarono, tagliarono la torta alla panna (e ce ne volle di fiato per spegnere tutte le candeline), aprirono i regali e poi tornarono tutti a casa, con i genitori e qualcuno con il motorino…
Col motorino? Ma non vi pare incosciente a quell’età?
Ma no, a sedici anni è normale uscire in motorino e ballare con le ragazze in discoteca.
E Sesto ne aveva compiuti proprio sedici, però, essendo nato il 29 febbraio di un anno bisestile, aveva la sfortuna di festeggiare il compleanno ogni quattro anni, anche se per compensare riceveva i regali tutti in una volta e la torta era grande il quadruplo.
Era un ragazzone alto e simpatico, di scarpe ormai portava il 44, giocava a calcio e frequentava la scuola superiore, in un istituto diverso da quello di Marcantonio.
E gli amici più stretti, che conoscevano la sua data di nascita, lo chiamavano affettuosamente Sesto Bisesto e non vedevano l’ora che arrivasse il prossimo anno bisestile per festeggiare il suo mitico compleanno.
Pippo Scudero