Settimana sociale, richiamo ai valori

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Il messaggio del Papa. “Alla vigilia del 150° anniversario dell’Unità nazionale, da Reggio Calabria possa emergere un comune sentire, frutto di un’interpretazione credente della situazione del Paese; una saggezza propositiva, che sia il risultato di un discernimento culturale ed etico, condizione costitutiva delle scelte politiche ed economiche. Da ciò dipende il rilancio del dinamismo civile, per il futuro che sia – per tutti – all’insegna del bene comune”. È l’auspicio con cui si conclude il messaggio inviato dal Papa al card. Angelo Bagnasco, presidente della Cei, in occasione dell’apertura della Settimana Sociale di Reggio Calabria. Nel testo, Benedetto XVI rinnova l’appello – già lanciato a Cagliari nel 2008 – “perché sorga una nuova generazione di cattolici, persone interiormente rinnovate che si impegnino nell’attività politica senza complessi d’inferiorità”. Una “presenza”, questa, che “non s’improvvisa”, ma “rimane l’obiettivo a cui deve tendere un cammino”. Tutto ciò, attraverso “un cammino di formazione intellettuale e morale che, partendo dalle grandi verità intorno a Dio, all’uomo e al mondo, offra criteri di giudizio e principi etici per interpretare il bene di tutti e di ciascuno”. “L’impegno socio-politico, con le risorse spirituali e le attitudini che richiede, rimane una vocazione alta, a cui la Chiesa invita a rispondere con umiltà e determinazione”, ha proseguito il Santo Padre. Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nel suo messaggio ha citato “il perdurante impegno dei cattolici a ‘fare la loro parte’ per il progresso civile, economico e sociale dell’Italia, la cui identità culturale è permeata dai valori cristiani. Un impegno che si manifesta non solo affrontando, in maniera costruttiva, le diverse questioni che riguardano il nostro Paese, ma anche riconoscendo il valore delle istituzioni repubblicane ed indicando i possibili processi riformatori”. Per la Chiesa in Italia, “che opportunamente ha assunto la sfida educativa come prioritaria nel presente decennio, si tratta di spendersi nella formazione di coscienze cristiane mature, cioè aliene dall’egoismo, dalla cupidigia dei beni e dalla bramosia di carriera e, invece, coerenti con la fede professata, conoscitrici delle dinamiche culturali e sociali di questo tempo e capaci di assumere responsabilità pubbliche con competenza professionale e spirito di servizio”. “Muoversi secondo una prospettiva di responsabilità – ha spiegato il Papa – comporta la disponibilità a uscire dalla ricerca del proprio interesse esclusivo, per perseguire insieme il bene del Paese e dell’intera famiglia umana”. Nella dottrina sociale della Chiesa, “il bene comune è ciò che costruisce e qualifica la città degli uomini, il criterio fondamentale della vita sociale e politica, il fine dell’agire umano e del progresso”; è “esigenza di giustizia e di carità”, cioè “promozione del rispetto dei diritti degli individui e dei popoli, nonché di relazioni caratterizzate dalla logica del dono”. Il bene comune, ha rimarcato Benedetto XVI citando la sua terza enciclica, “Caritas in veritate”, “trova nei valori del cristianesimo” l’“elemento non solo utile, ma indispensabile per la costruzione di una buona società e di un vero sviluppo umano integrale”.

Settimana sociale
L'apertura della Settimana sociale

Il Papa ha esordito citando la “congiuntura socio-economica che stiamo attraversando”, la cui “conseguenza più evidente sta nel propagarsi della disoccupazione e della precarietà”, che colpisce soprattutto i giovani, e quelli del Sud. Per il Papa si tratta di un “problema non soltanto economico, ma soprattutto culturale” che “trova riscontro in particolare nella crisi demografica, nella difficoltà a valorizzare appieno il ruolo delle donne, nella fatica di tanti adulti nel concepirsi e porsi come educatori”. Di qui la necessità di “riconoscere e sostenere con forza e fattivamente l’insostituibile funzione sociale della famiglia, cuore della vita affettiva e relazionale, nonché luogo che più e meglio di tutti gli altri assicura aiuto, cura, solidarietà, capacità di trasmissione del patrimonio valoriale alle nuove generazioni”. L’appello è a “tutti i soggetti istituzionali e sociali”, affinché “si impegnino nell’assicurare alla famiglia efficaci misure di sostegno, dotandola di risorse adeguate e permettendo una giusta conciliazione con i tempi del lavoro”. “Fare fronte ai problemi attuali, tutelando nel contempo la vita umana dal concepimento alla sua fine naturale, difendendo la dignità della persona, salvaguardando l’ambiente e promuovendo la pace – le parole del Papa – non è compito facile, ma nemmeno impossibile”, se non è delegato “soltanto alle pubbliche autorità”. Riferendosi al tema della Settimana Sociale e all’“agenda di speranza”, il Papa ha parlato di “un metodo di lavoro innovativo”, e ha citato uno degli ambiti di approfondimento, che “riguarda il fenomeno migratorio e, in particolare, la ricerca di strategie e di regole che favoriscano l’inclusione delle nuove presenze”. A 50 anni da una Settimana Sociale che, proprio a Reggio Calabria, ha trattato questo tema, Benedetto XVI ha fatto notare come “ai nostri giorni il fenomeno ha assunto proporzioni imponenti: superata la fase dell’emergenza, nella quale la Chiesa si è spesa con generosità per la prima accoglienza, è necessario passare a una seconda fase, che individui, nel pieno rispetto della legalità, i termini dell’integrazione”. “Ai credenti, come pure a tutti gli uomini di buona volontà – ha concluso Benedetto XVI – è chiesto di fare tutto il possibile per debellare quelle situazioni di ingiustizia, di miseria e di conflitto che costringono tanti uomini a intraprendere la via dell’esodo, promuovendo nel contempo le condizioni di un inserimento nelle nostre terre di quanti intendono, con il loro lavoro e il patrimonio della loro tradizione, contribuire alla costruzione di una società migliore di quella che hanno lasciato”.

Il discorso di Bagnasco. I “valori non negoziabili” indicati dal Papa “non sono divisivi, ma unitivi ed è precisamente questo il terreno dell’unità politica dei cattolici”. Lo ha detto il card. Angelo Bagnasco, presidente della Cei, aprendo il 14 ottobre a Reggio Calabria la 46ª Settimana Sociale dei cattolici italiani. “È questa – ha proseguito il cardinale – la loro peculiarità e l’apporto specifico di cui sono debitori. Su questa linea, infatti, si gioca il confine dell’umano. Su molte cose e questioni ci sono mediazioni e buoni compromessi, ma ci sono valori che non sono soggetti a mediazioni perché non sono parcellizzabili, non sono quantificabili, pena essere negati”. La Chiesa, ha ribadito il porporato, “non cerca l’interesse di una parte della società, ma è attenta all’interesse generale. Proprio perché i valori fondamentali non sono solamente oggetto della Rivelazione, ma sono scritti nell’essere stesso della persona e sono leggibili dalla ragione libera da ideologie, condizionamenti e interessi particolari, la Chiesa ha a cuore il bene di tutti”, perché “deve rispondere al suo Signore non ad altre logiche”, forte dell’“incomparabile ricchezza che ci proviene dalla vicinanza concreta e quotidiana alla gente, cattolici o no, e che, direttamente e tramite i nostri sacerdoti, i consacrati, gli operatori laici, abbiamo la grazia di vivere”, nelle 25.000 parrocchie. Una nuova generazione. “È stato detto e ripetuto non in modo retorico né casuale che è auspicabile una nuova generazione di cattolici impegnati in politica”, ha proseguito il presidente della Cei: “Ciò non vuol suonare come una parola di disistima o peggio per tutti coloro, e non sono pochi, che si dedicano con serietà, competenza e sacrificio alla politica diretta”, ha precisato. Nello stesso tempo, però, la Cei auspica “che generazioni nuove e giovani si preparino con una vita spirituale forte e una prassi coerente, con una conoscenza intelligente e organica della dottrina sociale della Chiesa e del Magistero del Papa, con il confronto e il sostegno della comunità cristiana”. “È l’ora di una nuova cultura della solidarietà tra società civile e Stato”, ha esclamato il cardinale: “Se ogni soggetto, singoli, gruppi, istituzioni, fa la sua parte, si rinnoverà uno stile, una prassi virtuosa” fatta di una “solidarietà a tutti i livelli tra loro e ciascuno al proprio interno: si può discutere e confrontarsi anche su cose gravi, ma è possibile un ‘confronto solidale’ che è tale perché ha di mira non un interesse individuale o di parte, ma il bene armonico di tutti”. “Si potrà anche cedere, fare passi indietro, rettificare posizioni, ma non sarà mai perdere o sentirsi sconfitti, sarà sempre un andare avanti, perché andrà avanti il Paese”, ha commentato il card. Bagnasco. Laicità, non laicismo. “Il compito educativo – che è parte integrante della missione della Chiesa – è urgente e delicato”, ha detto il cardinale a proposito del tema scelto dalla Cei per il prossimo decennio pastorale: “Richiede un rinnovato impegno di fiducia, entusiasmo e di alleanze virtuose per il bene non solo delle giovani generazioni, ma della società intera. Aiutare a comprendere e a ricordare, non solo ai ragazzi e ai giovani ma anche agli adulti, che la nobiltà e la maturità della persona passano attraverso la negazione continua dei propri egoismi, il dono di sé, la responsabilità, e che tutto questo e altro ancora richiede impegno e sacrificio, è un imperativo per tutti coloro che hanno a cuore la società e il Paese, ma innanzitutto per i cattolici”. Nasce da qui la “laicità positiva”, che “non può essere confusa né con la neutralità né con il laicismo”. “Come cattolici che amano il loro Paese – le parole del cardinale – auspichiamo che la laicità si guardi sempre dal degrado del laicismo: questo deve uscire dalla sua adolescenza e diventare una laicità vera e matura. Non dovrebbe considerare con sospetto la religione, ma, al contrario, come una sorgente per il bene generale senza, per questo, cercare di usarla in modo strumentale riducendola a religione civile”. Una società saggia. “Se i credenti, nei vari campi dell’esistere, conoscono solo le parole del mondo, non hanno parole diverse, sono omologati alla cultura dominante o creduta tale, saranno irrilevanti”. Lo ha detto il card. Bagnasco per spiegare l’immagine evangelica del “sale della terra e della luce del mondo” (Mt 5,13-14), “riferimento significativo che guida la presenza dei cattolici nella società”. “Il punto non è la voglia di rilevanza, ma il desiderio di servire”, ha puntualizzato il cardinale. “La fede è vivere riferiti a Cristo. Senza questo primato della vita spirituale – che è la vita con Cristo nella Chiesa – non esiste possibilità di presenza dei cattolici ovunque siano nella società”. In una “cultura contemporanea che sembra aver frantumato l’insieme per esaltare e assolutizzare la parte, le singole esperienze, temendo ciò che appare definitivo e totalizzante”, e che è dominata da una “sensibilità solipsista, ma anche utilitarista”, il card. Bagnasco ha citato la lezione ancora attuale di Platone e di Aristotele: “Una società saggia genererà uomini sapienti e sereni, una società ripiegata ed egocentrica genererà uomini miopi e infelici”. “Senza l’amore, è possibile costruire, con delle verità parziali, delle raffinate e devastanti menzogne”, la lezione di sant’Agostino, altro riferimento additato dal card. Bagnasco. È questo “il contesto in cui la Chiesa nasce e cresce, con la coscienza di non dover essere un’agenzia di pronto soccorso, e che la sua presenza non può essere ridotta alle innumerevoli attività di carattere sociale”: “Aspettarsi che i cattolici si limitino al servizio della carità perché questa è un fronte che raccoglie consensi e facili intese, chiedendo invece l’afasia convinta o tattica su altri versanti ritenuti divisivi e quindi inopportuni, significherebbe tradire il Vangelo e quindi Dio e l’uomo”.