Sicilia Antica / Convegno sul culto di Demetra, Iside e Agata a Catania

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Paolo Marescalco

Il successo dell’organizzazione di una tavola rotonda è data da un mix di diversi fattori. Innanzi tutto lo spessore culturale dei relatori, la puntualità dell’inizio dei lavori, la capacità di esprimere i concetti essenziali nel tempo assegnato.
Ha rispettato tutti questi elementi il convegno di studi proposto dall’associazione “Sicilia Antica”, sede di Catania intitolato: “Il sacro femminile a Catania. Demetra, Iside, Agata”, svoltosi nel seminario interdiocesano “Regina Apostolorum”.
Un meritato plauso va rivolto al comitato organizzatore formato da: prof.ssa Maria Antonietta Raciti, prof.ssa Dora Marchese, dalla dott.ssa Teresa Magro e dal dott. Elio Garozzo.

Tra gli interventi più  articolati si segnala quello di Rosalba Panvini, nota archeologa dell’Università di Catania. La professoressa ha parlato del : “Il culto di Demetra in Sicilia: l’origine, la diffusione, i riti. Il caso del santuario di Catania”.
Significativa la parte riguardante il culto di Demetra. Secondo la relatrice, esso è “sempre associato a quello della figlia Kore, ha come elemento primario l’acqua, parte integrante del rito di fondazione dei misteri eleusini. Ma anche delle cerimonie che si svolgevano in suo onore. I luoghi  di culto dedicati alle due divinità sorgevano quasi sempre vicino a sorgenti d’acqua, anche sulfurea, di polle d’acqua, di maccalube, di sorgenti calde”.

Rosalba Panvini
La prof.ssa Rosalba Panvini
Il martirio di Sant’Agata

La prof.ssa Lucia Arcifa, docente di Archeologia cristiana e medioevale all’Università di Catania, ha illustrato  l’area del martirio di Sant’Agata nella Catania bizantina. E ha focalizzato l’intervento sugli scavi condotti nel 2004 e nel 2005, nell’area tra Sant’Agata al Carcere e Sant’Agata La Vetere. E ha ipotizzato l’esistenza di un culto del martirio tra il VI ed il VII secolo.

Il prof. Corrado Rubino, storico e topografo ha incentrato il proprio intervento sulle vicissitudini dell’edificio funerario a camera, edificato  nella seconda metà del 2° secolo dopo Cristo, periodo in cui Catina (nome antico della città dello Ionio che secondo Plutarco significa “grattugia”, ed indica la lava ), aveva acquisito dal punto di vista socio economico  fondamentale importanza.

Questo edificio costruito da una famiglia benestante, “secondo una ben radicata tradizione  agiografica”, rappresenta il luogo della prima deposizione di sant’Agata. Nella prima metà dell’ottocento, l’edificio funerario diviso tra la proprietà demaniale e quella carmelitana,  subì uno stato di abbandono. Tuttavia mentre la proprietà demaniale fino al 1992 è stata riutilizzata, la proprietà dei carmelitani è stata lasciata nel totale degrado.

Il presidente della Società “Dante Alighieri”, prof. Dario Stazzone, ha affrontato brillantemente il tema di grande spessore culturale intitolato: “Le rappresentazioni letterarie della festa di Sant’Agata dal gran tour a De Roberto” . Il professore ha citato gli acquarelli di Jean Houel contenuti nella letteratura del Grand Tour d’Italie. Ha anche parlato, tra l’altro, dell’opera di Carlo Levi intitolata “Le parole sono pietre” e della novella di Giovanni Verga “La coda del Diavolo”.

Cristina Sorace
La prof.ssa Cristina Sorace
Il culto di Sant’Agata

L’intervento della professoressa Cristina Soraci, docente di Storia della Sicilia Antica all’Università degli Studi di Catania, ha svolto in maniera esaustiva il tema: “Il culto di Sant’Agata nel primo millennio”. Sant’Agata morì nel 251d.C. , il culto della martire nella metà del IV secolo si diffuse in molte città d’Italia e del Mediterraneo e non soltanto a Catania ed in Sicilia.  Nello stesso secolo si ebbe il trasporto del corpo della santa all’interno della cinta muraria urbana, nel luogo denominato attualmente carcere, che in passato era camera sepolcrale.

Non ci sono informazioni nel primo millennio d.C. riguardanti i festeggiamenti agatini.  Le prime notizie  riguardano la processione del 17 agosto del 1126, durante la quale le spoglie della santa rientrarono da Costantinopoli, descritta dal vescovo Maurizio.
“Le ipotesi di quanti affermano che la festa di sant’Agata a Catania avrebbe riprodotto le processioni svoltesi in onore di Demetra – ha sottolineato la relatrice -appaiono prive di fondamento storico. Non solo per l’eccessiva  distanza temporale che separa le notizie a noi pervenute, ma anche perché si basano su supposte analogie non riscontrabili nelle fonti”.

 

                                                                                     Mirella Cannada  

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