La “cona” è un tipico apparato natalizio, sia domestico che pubblico, un tempo molto diffuso nelle nostre zone. “Il termine – spiega Nello Florio – deriva dal greco eikóna e può essere tradotto con “immagine “. Il termine indica appunto le immagini sacre dipinte negli altarini lungo le strade, nei cortili o nelle chiese. Nel periodo natalizio, in quasi tutte le case, era consuetudine collocare in un posto d’onore un quadro della Sacra Famiglia o della Madonna col Bambino o San Giuseppe. Inoltre, si era soliti circondare la Sacra Famiglia da una cornice che fungeva da capanna realizzata con la sparacogna (ovvero i rami dell’asparago selvatico) e i fiocchi di cotone che simboleggiavano la neve. Agrumi, frutta secca, dolci, caramelle e altre prelibatezze circondavano la Sacra Famiglia”.
Un tempo davanti a questi apparati devozionali gli zampognari e i “nuviddara” eseguivano antiche nenie e novene di Natale. La sera del 24, in attesa di recarsi in chiesa per la messa di mezzanotte, tutta la famiglia si riuniva per consumare quei cibi, frutto della terra e del loro lavoro. “Non erano però rari i casi – aggiunge Florio – in cui specialmente i bambini attratti da dolci e caramelle, o qualcuno più ingordo saccheggiasse le cona. Da questo nasce il famoso detto “ti mangiasti na Cona”.
Realizzata la Cona, antica tradizione del natale in Sicilia?
La cona è stata realizzata quest’anno con un’antica stampa ottocentesca raffigurante la “Santa famiglia della Pace” (messa a disposizione dal prevosto-parroco don Roberto Strano) all’interno della cappella di San Filippo d’Agira. Qui si potevano ammirare anche altri piccoli presepi oltre al gruppo della natività con l’immagine bruciacchiata del Gesù bambino. Realizzata dalla parrocchia e fatta di recente oggetto di un grave atto vandalico.
Guido Leonardi