Siciliani in Argentina / La famiglia Pennisi: una stirpe lunga secoli

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La famiglia Pennisi è così importante per il nostro itinerario storico sui siciliani emigrati in Argentina che sarebbe impossibile parlare di ciascun membro singolarmente. Se si parla dei Pennisi, lo si deve fare al plurale. Non solo perché le radici di questo grande albero genealogico attraversano lo spazio ed il tempo, diramandosi su più secoli e continenti. Ma anche perché, probabilmente, solo i più anziani riuscirebbero a distinguere queste fitte linee di sangue. Tuttavia, oltre al sangue e al nome, ciò che li lega è la loro origine: Santa Maria La Scala. E soprattutto, la loro professione: la pesca.

Siciliani in Argentina / Le ragioni dell’emigrazione dei Pennisi: la guerra

“A Santa Maria La Scala facevo il pescatore, ma ce la passavamo male. Già alle sei del pomeriggio non era facile stare fuori casa lì in paese, perché i tedeschi ti uccidevano, ti mitragliavano. Siamo stati per sette o otto anni a casa di mia madre e la luce sa cos’era? Un piattino, un po’ d’olio ed un pezzettino di cotone. Facevamo questo prima di andare a letto la sera. Niente di più. Luce durante la guerra non ce n’era. Era tutto al buio. Abbiamo vissuto così per dieci anni” – ha confidato Giuseppe Pennisi alle videocamere del documentario “Italianos en el puerto” prodotto da Roberto Pennisi.

Siciliani Argentina Giuseppe Pennisi
Giuseppe Pennisi

“Io la mia vita l’ho fatta in Argentina. Ci sono stato bene e ci sono stato male…però io mi sento Argentino fino alla morte – ha continuato a dire Giuseppe. Anche se alcuni dei Pennisi approdarono al porto di Mar del Plata prima dei due conflitti mondiali, possiamo affermare con sicurezza che l’emigrazione in massa di questa numerosa famiglia si è consumata durante o subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, per ragioni legate alla povertà, alla sicurezza personale, alla mancanza di cibo, lavoro e per le precarie condizioni igienico-sanitarie.

Siciliani in Argentina / Le ragioni dell’emigrazione dei Pennisi: il lavoro

“Io mi chiamo Orazio Pennisi e sono nato a Santa Maria La Scala. Sono arrivato in Argentina nel 1947 e avevo sedici anni. Ho cominciato a lavorare con i miei familiari, sempre Pennisi. Andavamo a pescare a Necochea e ci ritiravamo verso le due del mattino, mi ricordo che la banchina era tutta piena di pesce” – diceva Orazio Pennisi. E ancora, “Abbiamo lavorato per un paio d’anni come marinai, dopo mio padre mi disse: ‘compriamo una piccola lancia’.

Siciliani Argentina Orazio Pennisi
Orazio Pennisi

Si chiamava ‘Città di Napoli’. L’abbiamo tenuta per diverso tempo, poi, nel 1960, abbiamo fatto costruire la ‘Don Pablo Pennisi’. Abbiamo venduto quella più piccola per costruirne una molto più grande. Cominciammo a lavorare tutti, eravamo tre fratelli, con mio padre eravamo quattro in tutto” – rammentava Giacomino Pennisi. Inoltre, come i Greco con le reti, la famiglia Pennisi era abile nella pesca con il mestiere del palangaro (n. d. r. in gergo “conzo”) e non solo.

Siciliani in Argentina / La famiglia Pennisi e il “mestiere” del palangaro

Siciliani Argentina Ignazio Pennisi
Ignazio Pennisi

“Mi chiamo Ignazio Pennisi e sono nato a Santa Maria La Scala. Ho praticato per tutta la vita il ‘mestiere’ con gli ami (palangaro) ed è stata una vita molto sacrificata. Si guadagnava qualcosa, ma era una vita difficile. La pesca con gli ami è utile per tutti i tipi di pesce: corvina, merlano, squali, acciughe. Era un mestiere che gli anziani praticavano bene e che oggi pian piano si sta perdendo. Il palangaro è una grande vasca con tantissimi ami inseriti lungo tutto il perimetro della vasca. Si mette l’esca in tutti gli ami, uno per uno e manualmente. Poi, l’indomani mattina a l’alba si va a pescare. Generalmente per ogni vasca ci sono 800-1000 ami e per ogni battuta di pesca si svuotano due vasche” – ha spiegato Ignazio Pennisi.

Siciliani in Argentina / Le donne Pennisi: un connubio tra forza e temperanza 

Tra le donne che si sono distinte per forza e temperanza figurano Maria e Lucia Pennisi. Legate da uno stretto legame di parentela, risultano di fondamentale importanza nella storia dell’emigrazione di questa rande famiglia poiché unite da un unico comune denominatore: Gioacchino Pennisi. Di Gioacchino si parlerà in seguito, ma in questa sede è importante riportare che, rispettivamente, l’una era cugina e l’altra sorella di Gioacchino; quest’uomo dalle imprese mastodontiche nell’ambito dell’industria, dell’imprenditoria e del commercio del pesce, che ha influenzato in larga misura le sorti e la fortuna della famiglia Pennisi tutta.

Spesso, quando si parla di emigrazione, lavoro, imprese e denaro, specie in epoche come quelle ante e post guerra, sembra implicito che si parli di una cultura tutta al maschile. In realtà, le donne hanno coperto un ruolo paritetico e cruciale come quello degli uomini. Soprattutto nella misura in cui sono state ora madri che hanno dovuto lasciare la terra natìa con il grembo già “pieno di vita”, ora madri che invece hanno visto partire i figli senza rivederli mai più. O peggio, madri che hanno visto i figli morire durante la traversata migratoria oltreoceano. Tralasciando l’aspetto sentimentale e malinconico, però, le donne – nella fattispecie le Pennisi – hanno contribuito all’amministrazione delle finanze familiari, aella gestione delle imprese, nonché alla gestione della casa e alla crescita della prole.

Siciliani in Argentina / La famiglia Pennisi tra Santa Maria La Scala e Mar del Plata

Da quanto detto fino a qui, sembrerebbe che la famiglia Pennisi sia partita in massa verso l’Argentina creando la sua fortuna a Mar del Plata. Questo è in parte vero. Ma se c’è un aspetto davvero affascinante in tutta questa narrazione, è sicuramente il fatto che i Pennisi si sono moltiplicati considerevolmente, non solo in Argentina, ma anche e soprattutto nell’acese, a Santa Maria La Scala. Non è un eufemismo dire che “gli scaloti sono tutti imparentati”. Basterebbe andare in paese e chiedere di un qualsiasi Pennisi e, se non si ha la fortuna di incontrare un Pennisi direttamente, sicuramente l’interlocutore risponderebbe con l’enumerazione dei Pennisi che conosce. Si parla anche di omonimia intercontinentale. E’ facile trovare degli omonimi argentini e scaloti, che probabilmente nemmeno si sono mai visti in vita, ma che di sicuro asserirebbero: “questo è mio fratello”.

                                                                                                               Grazia Patanè

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