Siciliani in Argentina / La storia di “Popa”, un nobile cavaliere del mare

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Popa sul peschereccio

Nicolas “Popa” Asaro, anche conosciuto come il “Cavaliere del mare”, rappresenta un tassello di fondamentale importanza per approfondire la storia sui siciliani emigrati in Argentina. La sua dedizione al lavoro ed ai valori in cui ha creduto per una vita intera ben si allineano con quelli della nostra bella isola. Popa era infatti sì argentino, ma il suo sangue era siciliano. Ancora una volta, da questo connubio siculo-argentino, abbiamo la possibilità di apprendere quanto la multiculturalità ed il sentimento di appartenenza ad un luogo prescindano da ogni tipo di distanza, fisica o culturale.

Siciliani in Argentina / La biografia di Popa

Nicolas “Popa” Asaro era un siciliano naturalizzato argentino, figlio di siciliani emigrati in Argentina durante il Novecento. Pur essendo scarse le informazioni che riguardano la sua famiglia di origine, con molta probabilità si trattava di persone le cui origini erano radicate nel palermitano (Mazara del Vallo). Nacque il 4 luglio del 1934 in Argentina, nella città di Mar del Plata. Aveva quattro fratelli, quattro figli ed undici nipoti. “Popa è cresciuto nel mare, nell’acqua. Quello che so io del mare l’ho imparato da lui. Era un eccellente pescatore” – intonano gli amici di Popa nel documentario “Italianos en el Puerto”, pensato e realizzato da Roberto Pennisi e collaboratori. Così apprendiamo che la professione del cosiddetto “Cavaliere del mare” era quella del pescatore, ma non solo. Morì proprio in alto mare il 5 marzo del 2002 a causa di un arresto cardiaco.

Siciliani in Argentina / Popa ed il suo rapporto col mare

fratelli asaro siciliani argentina

L’unico vanto di Popa, in una vita vissuta in nome dell’umiltà, era quello di esser nato in una “canasta” (n.d.r. cesta) di pescatori. L’amore per la pesca in alto mare era un bene di un valore inestimabile che la famiglia Asaro ha tramandato, e continua a tramandare, ad ogni nuovo membro della famiglia. Popa e i suoi fratelli vissero in mare e per il mare, costruendo, sacrificio dopo sacrificio, i loro quattro pescherecci: “Los cuatro hermanos”, “Temerario”, “Temerario 1” e “Fe en Pesca”.

Nicolas Asaro fin da piccolo veniva chiamato “Popa”, soprannome che spesso precede e sostituisce il suo vero nome e dietro il quale si cela una bella fetta della sua infanzia. Il termine spagnolo “popa” si traduce in italiano come “poppa”, definendo così la parte posteriore di un’imbarcazione. Infatti, egli cominciò a salpare in mare quando aveva solo tredici anni (era troppo piccolo per pescare in alto mare) e, al momento dei controlli da parte delle istituzioni argentine, si nascondeva nella poppa dell’imbarcazione. A Popa piaceva pescare in compagnia, ma anche stare da solo e sperimentare. Era un conoscitore del mare e del vento, un abile lavoratore anche in termini di “mestieri marittimi”.

Siciliani in Argentina / Popa: il nobile “Caballero del mar” 

“Popa” non è l’unico appellativo con il quale si suole indicare Nicolas Asaro: spesso si parla di lui come il “Cavaliere del mare”. “Ricordo di aver sentito in radio delle navi in emergenza che preferivano chiamare Popa anziché la prefettura. Era impressionante, ha effettuato cinque o sei salvataggi in alto mare: non era importante la pesca in quei momenti, a lui interessava la salute e la vita degli altri che si trovavano in pericolo” – ha raccontato il prefetto Rodriguez di Popa.

Siciliani in Argentina / La vita di un pescatore 

Nel 1975, al largo delle coste di Mar del Plata, si sollevò un nubifragio che costò la vita a tutto l’equipaggio del peschereccio “San Antonino Abate”. In quell’occasione, Popa prestò il suo aiuto al “Don Juan”. I superstiti raccontano di un vento che andava a 150 km/h, delle onde che si scagliavano con forza sull’imbarcazione e di questa prossima ad affondare a causa di danni al motore e dell’acqua imbarcata. Se Popa non fosse andato a recuperarli, con molta probabilità non si sarebbe potuto parlare di superstiti. La nobiltà d’animo di Popa ha fatto si che i dieci membri dell’equipaggio ritornassero a casa.

Popa e il nipote

La famiglia Asaro, come moltissime delle famiglie siciliane, era una famiglia numerosa. Benché si parli spesso di nobiltà d’animo, di dedizione al lavoro e di valori, la vita di un pescatore porta a tante rinunce. Si parla di rinuncia al sonno, al riposo, al tempo. Ma si parla soprattutto di assenze. Si tratta di assenze che solo chi è pescatore o moglie/figlio di un pescatore può capire. Non è raro che il pescatore sia assente alla nascita di un suo figlio o, addirittura, di tutti i suoi figli, come è accaduto a Popa. Non è raro che il pescatore rinunci alle festività e che manchi nei momenti più importanti della vita di chi gli sta intorno. Per un marittimo, il senso del sacrificio rende più nobile la sua permanenza in mare e più forte l’amore che prova per i suoi cari.

Siciliani in Argentina / La famiglia di Popa: il mare ti dà, ma il mare ti toglie 

“I ricordi infantili insieme a mio padre sono pochi. Ma questa è la vita di un pescatore. Abbiamo iniziato a godercelo quando si è ritirato dal mare. a volte capitava che l’imbarcazione rientrava al porto ma papà non tornava a casa ugualmente. Era totalmente devoto al suo lavoro” – ha raccontato Roberto Asaro (n.d.r. figlio di Popa) alle telecamere de “Italianos en el puerto”. “La famiglia di chi passa la vita in mare sa bene qual è il prezzo da pagare. Le reti ed il mare ti offrono molto, ma ti chiedono tutto. Essere il primo all’ora della pesca, essere il primo al momento di un salvataggio in mare ti obbligano ad essere l’ultimo a rientrare a casa” – aggiunge la moglie.

Siciliani in Argentina / Popa: vita e morte interconnesse nel mare 

Avendo vissuto tutta la sua vita in alto mare, Popa desiderava anche morirci. E così fu. Il 5 marzo del 2002, in una una bella giornata di sole e di bonaccia, dopo 14 anni dalla sua ultima navigazione, egli morì. E per quanto dolorosa la perdita di un uomo così nobile d’animo, la storia di Popa ci insegna che fare del bene porta inequivocabilmente a ricevere del bene, anche postumo, ma a riceverlo comunque. Popa potrebbe essere nostro nonno, zio o padre: sono tanti i siciliani cresciuti con i suoi stessi valori e tantissimi i marittimi del territorio acese che tutti i giorni e tutte le notti affrontano il sacrificio e la dedizione al lavoro, così come vissuti da Popa. Ricordare chi eravamo, e chi potremmo essere, è la più grande speranza per custodire una reale identità.

Grazia Patanè