Sicurezza / L’intelligence guarda alle università per il salto di qualità

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Sottoscritto un protocollo d’intesa tra la Pontifica Università Lateranense e Dipartimento delle informazioni per la sicurezza. Si vuole recuperare il terreno perduto, rispetto alle altre nazioni europee nelle quali gli studi di intelligence sono già molto diffusi. Non dunque un arruolamento, ma un invito ad aprire nuovi ambiti di studio nei settori della sicurezza comune e della pace.
lateranense-4p“Chiesa e intelligence hanno molte cose in comune: la centralità dell’uomo, la dimensione internazionale e la continua ambizione alla pace”. Queste parole di Giampiero Massolo, direttore del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (Dis), riassumono la prospettiva dell’incontro tenutosi il 29 aprile alla Pontificia Università Lateranense (Pul) sul tema “Shomèr (in ebraico sentinella). Sicurezza internazionale e costruzione della pace”. “Anche oggi un grido di angoscia, che sale da ogni parte della Terra, dai piccoli innocenti agli anziani, dai singoli individui alle comunità, sale verso il cielo: pace! pace!”. Monsignor Enrico dal Covolo, rettore della Pul, comincia proprio dalle parole di Giovanni XXIII per introdurre l’incontro. Intervengono anche Domenico Giani, comandante della Gendarmeria Vaticana, Bruno Valensise, direttore della Scuola di formazione del sistema d’informazione per la sicurezza della Repubblica, Paolo Scotto di Castelbianco, responsabile della comunicazione istituzionale del Dis, e Vincenzo Buonomo, ordinario di diritto internazionale alla Pul.

Il protocollo d’intesa. In un’aula magna gremita, è stato presentato un protocollo d’intesa sottoscritto tra Lateranense e Dipartimento, illustrato da Massolo: “Un’inedita collaborazione per fare quattro cose. Diffondere: far crescere insieme la consapevolezza dei temi della sicurezza. Formare: aumentando i diversi punti di vista con cui analizzare il contesto. Maggiore spessore: non solo di nozioni, ma anche valoriale, umano, alla fine tutto questo si muove nell’interesse della persona umana. Contribuire sul campo: spesso le strade s’incrociano, a creare condizioni di ragionevole sicurezza, per consolidare la pace”. “Come comparto possiamo offrire un expertise giuridica e tecnica – prosegue Massolo -, possiamo mettere insieme persone e analisi, lo possiamo fare a monte nelle Università e nella nostra Scuola, o a valle, nell’operatività”. Gli interventi degli altri relatori, in particolare quello di Bruno Valensise, spiegano la relazione tra sicurezza nazionale e università. Non si tratta di mero reclutamento; l’intelligence raggiunge l’obiettivo di diffondere una cultura attiva alla sicurezza nazionale, alla responsabilità di ciascuno per la sicurezza di tutti e alla formazione tecnica di alcuni cittadini. L’università può indagare nuovi settori scientifici, utilizzando la competenza e le informazioni privilegiate. Oggi la minaccia non è al confine, “siamo di fronte a sfide nuove: oggi derivano anche da concetti come ‘diversità’ o ‘mobilità’”, spiega Massolo. “Possiamo insieme approfondire la lettura della minaccia – continua – che è ‘asimmetrica’, portata da individui, da gruppi di individui, da una sorta di nebulosa impalpabile. Pensiamo alla galassia di operatori finanziari: agiscono sulla base di informazioni non sistematizzabili”.

Sensibilizzare le future classi dirigenti. Il protocollo può riassumersi quindi in questi nodi centrali: sensibilizzare le future classi dirigenti; potenziare la formazione del personale degli organismi informativi lavorando in sinergia con la Scuola di formazione dei servizi; strutturare una rete di esperti in grado di ottimizzare la capacità analitica e di protezione strategica del “comparto”; favorire lo sviluppo di studi di intelligence, non diffusi in Italia, ma normalità in altre nazioni europee. Fino ad ora sono 16 le università coinvolte, con oltre 2mila partecipanti. La sensazione è che l’intelligence desideri poter contare su una sorta di risposta organizzata e speculare di fronte ai gruppi capaci di materializzarsi e sparire nella “nebulosa” internazionale. In questa direzione anche l’intervento di Domenico Giani che ha ricordato come “la sicurezza non sia solo un problema delle istituzioni, ma riguardi tutti”. Il protocollo siglato è quindi un “uscire fuori” dell’intelligence italiana, un manifestarsi perché sia generalizzata la cultura su cui essa stessa costruisce la sua attività, possibilmente influenzando e servendosi delle menti migliori. Sempre per proteggere l’uomo e realizzare la pace; almeno così assicurano i promotori dell’iniziativa.

Paolo Bonini – Agensir
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