Sinodo della famiglia / Il vescovo di Anversa Johan Bonny: “Non sia platonico ma con un occhio aperto alla realtà complessa”

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Il vescovo di Anversa Johan Bonny ha scritto un testo per delineare le sue attese, soprattutto per le coppie irregolari con le quali ha intessuto un dialogo. E spera che per loro si possa “vedere come Gesù combinava legge e misericordia, verità e misericordia”. E ricorda la tradizione giuridica dell’Oriente cristiano: “La possibilità cioè di un regolamento eccezionale in nome della misericordia”.

“Che cosa mi aspetto dal Sinodo? Che non sia un sinodo platonico, che non si ritiri su un’isola rassicurante di discussioni dottrinali o di norme generali ma che abbia un occhio aperto alla realtà concreta e complessa della vita”. Si intitola “Sinodo sulla famiglia. Le attese di un vescovo fotodiocesano”, il testo scritto qualche giorno fa dal vescovo di Anversa, monsignor Johan Bonny. Non una lettera pastorale né un documento dogmatico. Semplicemente un testo dove un vescovo delinea le sue attese in vista del Sinodo. Un testo lungo e complesso (24 pagine), ricco di riferimenti storici ma anche accompagnato di pagina in pagina dalle storie di persone, giovani e coppie, con cui il vescovo in questi anni si è imbattuto. C’è la storia della catechista di parrocchia, divorziata e risposata civilmente. C’è la giovane coppia che convive in attesa di maturare la decisione di sposarsi. C’è la storia di J. e K. sposati civilmente come coppia omosessuale e quella di A. e L. che hanno fatto ricorso alla fecondazione in vitro. “Essere vescovi – confida ad Anversa mons. Bonny – è essere pastori e questo funziona in due direzioni: io qui devo dire alla mia gente qual è l’idea e la linea dottrinale ed etica della Chiesa cattolica. Ma c’è anche un’altra direzione: devo far sapere agli altri vescovi cosa la gente vive e sente, quali sono le loro gioie ma anche i loro dolori. Un movimento in due direzioni ed io ho voluto contribuire alla discussione in modo costruttivo”.

Le coppie irregolari. Il punto centrale del testo di mons. Bonny è la ricerca di una sintonia tra dottrina e pastorale nei confronti soprattutto delle coppie irregolari. Secondo il vescovo c’è “una linea culturale che corre tra il Nord e il Sud dell’Europa”. “L’Europa meridionale sopporta meglio la grande distanza che esiste tra la realtà e la norma” mentre in Europa del Nord “ciò che è meno bello o meno positivo, deve in qualche modo poter essere canalizzato o regolato in qualche via legale. Secondo il nostro sentimento, la persona non è aiutata con il silenzio o la negazione”. Sarebbe quindi auspicabile qualche “legge in meno” ma “applicata”. L’attenzione è focalizzata in modo particolare ai divorziati risposati anche perché sono gli animatori pastorali a chiedere ai vescovi criteri e direttive e in mancanza di risposte, si generano situazioni di “confusione”. Il vescovo Bonny ricorda a questo proposito la tradizione giuridica dell’Oriente cristiano: “La possibilità cioè di un regolamento eccezionale in nome della misericordia”. Una strada che secondo il vescovo belga “può offrire una apertura”. E aggiunge: “Anche su questo punto guardo con speranza il prossimo Sinodo”.

Dottrina e pastorale. Mons. Bonny parla della sua “riflessione” ai giornalisti mentre nella sua città è in corso l’incontro interreligioso per la pace promosso dalla Comunità di Sant’Egidio. “Dottrina e pastorale – dice – vanno insieme: l’una ha bisogno dell’altra. È sempre stato così nella tradizione della Chiesa: la dottrina si crea in dialogo con la vita e la vita si vive in dialogo con la dottrina. Non due cose separate con una dottrina formale da scrivere in ufficio e poi un lavoro pastorale da reinventare nelle varie diocesi del mondo”. Le realtà poi sono diverse. “È vero che il mondo è globalizzato però non è globalizzato in tutto: il modo per esempio con cui noi viviamo la famiglia qui in Europa del nord non è lo stesso nell’Europa del Sud o in Africa o in America Latina”. Poi una confidenza: “Ho pubblicato questo testo solo 4 giorni fa e almeno una ventina di persone sono venute a raccontarmi pezzi della loro vita che mai hanno avuto il coraggio di raccontare ad un vescovo. Perché adesso? Forse perché hanno sentito che i vescovi vogliono ascoltarli e provano a capire”. “Compito primario della Chiesa – incalza Bonny – è prendere dal cuore delle persone il peso vissuto per una vita. La gente non ci chiede di essere d’accordo con tutto, ma chiede di essere ascoltata. Nelle famiglie c’è di tutto. E se la chiesa è una famiglia, allora il vescovo che è un pastore, come un buon padre prova a mantenere insieme la sua famiglia complicata”.

Il vescovo propone di tornare al Vangelo per “vedere come Gesù combinava legge e misericordia, verità e misericordia. La scuola per imparare come fare, si trova lì. Non è soltanto questione di etica. La problematica richiama l’ecclesiologia e la cristologia. Il problema è più ampio perché si tratta di capire come essere Chiesa e come Chiesa misurarsi alla persona di Gesù per vedere come lui stesso combinava la verità e il suo modo di rivelarla, molto vicino alla gente: dunque verità e vita, legge e misericordia”. Papa Francesco insiste molto su questa attitudine pastorale. D’altronde – chiede il vescovo – “come si può evangelizzare se non c’è uno spirito di dialogo, apertura e di reciprocità?”.

Maria Chiara Biagione

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