La domenica mattina piazza San Pietro si presenta in maniera diversa rispetto al pomeriggio precedente. Non c’è più il caldo raggio di sole che, filtrando alle spalle della basilica, aveva illuminato la spianata e tutti presenti, ma un cielo coperto di nubi grigie che non si capisce se vogliano sciogliersi in pioggia o diradarsi. Inoltre c’è una lunga fila di persone che partendo dal colonnato di destra arriva fino all’ingresso della basilica. Ci inseriamo anche noi, ma per fortuna la fila è scorrevole e nel giro di poco tempo arriviamo all’ingresso della basilica.
Una volta entrati, come prima impressione siamo sopraffatti dalla maestosità, dalla bellezza, dal senso di spiritualità e di soprannaturalità che spira da ogni minimo particolare, da ogni singolo centimetro di questa chiesa unica al mondo. Molti del nostro gruppo la vedono per la prima volta, ma tutti rischiamo la “sindrome di Sthendal”. Con il pass fornito dalla nostra diocesi in mano, raggiungiamo il posto a noi assegnato seguendo le indicazioni del personale addetto (guardia nobile in alta uniforme, gendarmeria vaticana e qualche guardia svizzera). Ci fanno mettere nella parte sinistra del transetto, a non più di una ventina di metri dal maestoso altare sovrastato dal monumentale baldacchino barocco del Bernini. C’è un colpo d’occhio straordinario, una vista mozzafiato: l’altare con le colonne tortili del baldacchino, l’interno della cupola, il soffitto a cassettoni del transetto, le enormi statue di santi inserite nelle colonne che sembrano volere sovrastarti… Tutto ha qui una dimensione diversa, soprannaturale. Quasi irreale. E tutto ha qui un sapore particolare, anche pregare, partecipare alla santa messa e ricevere i sacramenti (riconciliazione e comunione).
Finiti i canti e i riti iniziali, alle 10 in punto arriva la processione dei celebranti, con i Padri sinodali (270 tra cardinali, vescovi, arcivescovi, patriarchi, religiosi), il Santo Padre che avanza lungo la navata centrale benedicendo e salutando con la mano i presenti, e tantissimi altri sacerdoti. Tra i celebranti sappiamo che ci sono anche i sacerdoti della nostra comitiva, don Antonio Pennisi (parroco della comunità “Gesù Lavoratore” di Giarre e responsabile dell’Ufficio diocesano per la Pastorale della famiglia) e padre Stefano Panebianco (parroco di San Nicolò, ad Acicatena). La celebrazione è interamente in latino ed è accompagnata dalla “Schola cantorum” della basilica vaticana.
L’omelia di Papa Francesco è tutta centrata sulla famiglia, partendo dalle letture appositamente scelte, in cui con la Genesi assistiamo alla solitudine di Adamo finché fa l’esperienza dell’amore con la creazione della donna, e con il Vangelo di Marco in cui si ribadisce l’indissolubilità del legame coniugale, così come la Chiesa è indissolubilmente unita a Cristo, e così come la società deve ispirarsi alla famiglia per essere accogliente. L’invito è rivolto anche ai Padri sinodali, affinché lavorino con questo spirito.
Alla fine della santa messa, uscendo in piazza San Pietro, veniamo accolti da un caldo sole dal momento che le nuvole mattutine sono scomparse. Il fatto di trovarci già dalla parte della basilica, ci consente di ritrovarci in piazza nella parte migliore per seguire l’Angelus, e cioè nel settore destro, immediatamente sotto la finestra dello studio privato del Santo Padre. Quando finalmente si affaccia, a mezzogiorno in punto, accolto dagli applausi e dalle acclamazioni delle migliaia di fedeli che gremiscono la piazza, Papa Francesco si presenta con il suo solito linguaggio confidenziale: “Cari fratelli e sorelle, buongiorno!”. Parla ancora una volta della famiglia e invita ancora una volta ad accompagnare con la preghiera il lavoro dei Padri sinodali.
Confortati dalla benedizione di Papa Francesco (proprio oggi ricorre la festa di san Francesco, di cui questo Papa ha preso il nome e che è anche il patrono dell’Italia), non resta che tornare a casa, perché l’esperienza romana è finita. Ma sono stati due giorni intensi, ricchi di avvenimenti, e per tanti di noi nuovi e forse irripetibili, eventi che ci hanno fatto conoscere una dimensione nuova del modo di vivere la fede e la società e che certamente ci accompagneranno nella nostra vita quotidiana.
Nino De Maria (inviato a Roma)