Nel primo pomeriggio di sabato, dopo la notte quasi insonne trascorsa sul pullman e dopo il frugale pranzo a sacco, raggiungiamo la Basilica di San Pietro, in mezzo alla folla dei pellegrini provenienti da tutta l’Italia.
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Superati i varchi del controllo elettronico sotto il colonnato del Bernini, ci ritroviamo in una piazza San Pietro insolita, animata da musiche e canti gioiosi. La piazza non è del tutto piena, ci sono ancora molti posti vuoti, per cui riusciamo a raggiungere una buona posizione, quasi ai piedi della gradinata. Ma è già fortemente palpabile l’atmosfera festosa e di comunione fraterna che aleggia. Ci sono giovani, adulti, bambini, preti, suore di tantissimi ordini religiosi; gente chiaramente proveniente da varie parti dell’Italia e del mondo, a giudicare dagli accenti, dai tratti fisionomici e dal colore della pelle. Pochi sembrano essere venuti da soli, perché si distinguono i gruppi familiari, le comunità, le aggregazioni parrocchiali e diocesane; contraddistinti chi da un foulard, chi da un berrettino, chi da un cartello che fa da punto di riferimento.
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Si va avanti così fino alle 18, quando mons. Nunzio Galantino, segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana, saluta e dà il benvenuto ai presenti, in particolare ai gruppi familiari. Si susseguono quindi i canti, le letture, i video e le testimonianze, quelle dei movimenti ecclesiali e quelle delle famiglie, una più toccante dell’altra: ci sono gli sposi maturi come Lorena e Stefano di Trento – quattro figli già cresciuti, qualcuno dei quali sul punto di affrontare a sua volta la vita matrimoniale –, o come Francesco e Luisa, di Pisa – 35 anni di matrimonio, cinque figli e quattro nipoti, lei afflitta da due anni da una rara malattia autoimmune che è riuscita a sopportare con la fede in Gesù –; ma ci sono anche due giovanissimi fidanzatini, Sara e Juan – lei sarda, 20 anni, e lui cubano, 24 – che si stanno preparando, pur tra mille difficoltà, al matrimonio, nel rispetto e nella comprensione reciproci, ma soprattutto nella fede e nella fiducia in Dio.
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E poi alle 19 arriva Papa Francesco, accolto da scroscianti applausi che coprono per qualche minuto la voce del cardinale Angelo Bagnasco, presidente della CEI, che lo saluta a nome dei vescovi italiani. Il sole è già quasi tramontato, ma la piazza è rischiarata dalle migliaia di fiaccole accese dai presenti (90mila, diranno il giorno dopo i giornali). Dopo il Vangelo di Emmaus, risuona infine nella piazza la parola del Santo Padre. La sua voce è calda e bonaria, ma forte e decisa.
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Nel ricordare l’incontro di un anno fa, quello in cui i padri sinodali decisero di scegliere come tema la famiglia, richiama i valori e il mistero dell’istituzione familiare: “Ripartiamo da Nazaret per un Sinodo che, più che parlare di famiglia, sappia mettersi alla sua scuola, nella disponibilità a riconoscerne sempre la dignità, la consistenza e il valore, nonostante le tante fatiche e contraddizioni che possono segnarla.”
“Ripartire da Nazaret!”. È questo dunque l’invito forte rivolto da Papa Francesco ai Padri sinodali, ma anche a tutti coloro che poco dopo, ricevuta la benedizione apostolica, lasceranno la piazza per fare ritorno alle loro case, ed a tutte le famiglie del mondo.
Nino De Maria (inviato a Roma)