“Giungono dalla Siria notizie terribili, di bombardamenti con decine di vittime di cui molte sono donne e bambini, notizie di tante persone colpite da effetti di sostanze chimiche contenute nelle bombe. Niente può giustificare l’uso di tali strumenti di sterminio contro persone e popolazioni inermi”. Lo ha detto Papa Francesco dopo il Regina Coeli, domenica 8 aprile, lanciando un ennesimo accorato appello per la Siria dove la guerra è entrata nel suo ottavo anno. Parole che giungevano mentre in tutto il mondo correvano le immagini del presunto attacco chimico a Duma, contro l’ultima roccaforte dei ribelli anti-Assad nella Ghouta orientale. Gli Usa hanno accusato il regime siriano ma Damasco e il suo alleato russo hanno negato ogni coinvolgimento. L’Opac, l’organizzazione per la proibizione delle armi chimiche, ha annunciato un’inchiesta sull’attacco.
Intanto all’alba di lunedì, 9 aprile, una base militare governativa siriana della provincia di Homs, è stata colpita da un raid aereo che ha provocato almeno 14 morti. A colpire secondo i media di Stato siriani sarebbero stati caccia di Israele. Matteo Bressan, Emerging Challenges Analyst per il Nato Defense College Foundation e docente di Relazioni internazionali presso la Lumsa di Roma, così dichiara commentando le parole del Papa e la sua condanna delle armi chimiche hanno riportato la Siria sulle prime pagine dei giornali…
È almeno dal 2012 che in Siria assistiamo all’uso delle armi chimiche intorno al quale esiste una vera e propria guerra mediatica con le difficoltà delle fonti a verificare le notizie, i video, le inchieste e le controinchieste. Questo si verifica a cominciare dai primi attacchi del 2012 che anticiparono quello più grande dell’agosto del 2013 sempre nel sobborgo del Ghouta. Nonostante l’impegno sancito dall’Onu, grazie a Russia e Usa, di distruggere l’arsenale chimico di Assad sappiamo, grazie a numerose e autorevoli inchieste, che più volte il regime avrebbe impiegato le barrell bombs (bombe barili) al cloro, così come è emerso il rischio che queste armi potessero essere prese dai ribelli, gruppi islamisti e jihadisti e usate contro altri attori del campo di battaglia siriano: è accaduto contro i curdi nel 2014 e 2015.
L’uso delle armi chimiche ci indigna e le immagini che si vedono sui social sono raccapriccianti. Ma dobbiamo ricordare che in Siria si combatte e si muore da 8 anni.
Credo che la stessa giusta enfasi che viene data a queste vittime vada anche a tutte le altre di questo conflitto che sono arrivate a quasi 600mila. Credo che sia giusto parlare di questa guerra non solo quando a colpire sono le armi chimiche.
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Daniele Rocchi