Slot machine / Lo Stato (affamato) prende tempo, ma occorre spiegare che il “gioco” è sempre contro il giocatore

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Il Governo starebbe studiando un pacchetto di norme per limitare la diffusione delle slot machine, le cosiddette “macchinette mangiasoldi”, che nel nostro Paese sono al momento circa 350mila (una ogni 170 abitanti, bambini compresi!). Dalle indiscrezioni circolate in questi giorni, il provvedimento in via di definizione prevedrebbe un tetto massimo di 6 macchinette per ogni bar, a partire dal 2017, con una riduzione numerica di ben 100mila slot machine. Positivo? A prima vista, sì. Meno tentazioni nei locali, e meno gente che ci butta dei soldi sperando nel miracolo. Perché in tutti i tipi di gioco d’azzardo, di miracolo si tratta: pensiamo al Superenalotto, al Lotto, al Win for life, ai vari Gratta e vinci. Le probabilità di ?????????centrare la vittoria sono ridotte al lumicino: 1 su 600 milioni per il Superenalotto e similari per gli altri giochi. I matematici affermano che il gioco d’azzardo è una illogicità, dal punto di vista del giocatore, prima ancora di entrarvi, perché ogni gioco è studiato per restituire ai concorrenti non più del 60-80 per cento degli incassi. Quindi, quando giochiamo un euro “matematicamente” sappiamo già che ne perderemo 20 centesimi, salvo ovviamente le rarissime vittorie di chi centra il bersaglio. In quel caso, e solo in quel caso, s’incassano anche milioni di euro, ma tutti gli altri concorrenti restano a bocca asciutta.

Detto questo, torniamo al decreto in via di preparazione. Oltre al tetto massimo di slot per ogni bar, si prevede un aumento della tassazione sulle vincite dal 6 all’8%, limitazioni alla pubblicità televisiva (con divieto dalle 16 alle 19); un fondo da 250 milioni di euro per curare le ludopatie (le migliaia di persone che ogni anno distruggono i propri averi nella ricerca del miraggio della vincita e quasi sempre cadono in profonda depressione); un incremento della lotta alla illegalità. Se così saranno le cose, s’impongono alcune considerazioni: anzitutto i tempi di entrata in vigore dei nuovi provvedimenti appaiono troppo lunghi (2017, cioè fra due lunghi anni in cui sostanzialmente non cambierebbe nulla). Inoltre lo Stato dimostrerebbe solo di voler limitare il fenomeno, ma non – come sarebbe auspicabile – di contrastarlo radicalmente. In terzo luogo, rimarrebbe aperta la porta al gioco patologico di quanti, magari in momenti di forte prostrazione lavorativa, cercherebbero questa estrema ancora di salvataggio, non comprendendo che la loro condizione sarebbe destinata al crollo definitivo e talvolta irrimediabile.
Ci chiediamo quindi se non sia il caso di prevedere, all’interno di questo pacchetto, almeno anche una qualche forma organizzata di lezioni scolastiche che insegnino chiaramente come la statistica del gioco d’azzardo sia chiaramente “contro” il giocatore. Così si formerebbero nuove generazioni più attrezzate culturalmente, e meno inclini a cascare nel tranello emotivo del gioco. Ma forse, si chiede troppo a uno Stato affamato di denaro che, ai livelli attuali, può contare su quasi una decina di miliardi di introiti fiscali provenienti dai giochi. Stato povero e affamato. Cittadini altrettanto poveri e indifesi. Brutta roba.

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