Non dovrebbe, ma l’alcol è un elemento presente nella vita dei giovani, forse in questo periodo più che in altri. Alcuni ne bevono per inserirsi in una comitiva, altri perché lo considerano una tappa di entrata nel mondo adulto, altri ancora per vincere la solitudine, altri per scaldare la socialità in un gruppo.
L’annuale Rapporto Istat su “Uso e abuso di alcol in Italia” descrive la panoramica del consumo e offre alcuni indicatori che illustrano alcune abitudini dei giovani. In totale oltre 8 milioni bevono in modo eccessivo, pratica soprattutto maschile (quasi 6 milioni, contro le 2 milioni di donne). Sebbene si rilevi una leggera diminuzione: si passa dal 15,9% al 15,2% della popolazione, preoccupa la frequenza alta in media tra i giovani. L’Istat osserva che tra i 18 e i 24 anni bevono troppo: il 22% dei maschi e l’8,7% delle femmine e tra i minorenni la problematica tocca il 21,5% e il 17,3%.
La pratica a rischio più diffusa è il “binge drink”: un’abitudine anglosassone di bere in un’unica occasione, un pomeriggio o una serata, 6 o più bicchieri di alcol, spesso di diverso tipo. S’inizia con un aperitivo, magari un prosecco; poi si va in pizzeria e si ordina una birra; per concludere in discoteca con qualche superalcolico. Ad ogni giro di tavolo si beve qualcosa e si depositano sostanze alcoliche nel corpo.
Discoteche e locali notturni sono gli ambienti dove è più facile incontrare i bevitori accaniti, quelli che eccedono nel consumo oltre le 12 volte l’anno. Il Rapporto aggiunge che l’abuso di alcol per i giovani è più frequente fuori casa: pizzeria, pub, bar per il 44,7%, la stragrande maggioranza degli adulti beve in casa propria o di amici. La diffusione dell’abuso dell’alcol tra i giovani è grave e andrebbe limitata.
L’Istituto superiore di sanità afferma che l’alcol è il principale motivo di morte per le persone al di sotto di 29 anni. L’ebbrezza provoca 18mila morti in un anno: dagli incidenti stradali ai suicidi. Secondo gli studi medici, fino a 25 anni il consumo di alcol può danneggiare lo sviluppo celebrale.
C’è bisogno di una presa di coscienza di fronte al problema. Nonostante i divieti di legge, l’anno scorso 2 minorenni su 3 hanno potuto comprare bevande alcoliche in negozi, uno su due le ha consumate in un locale.
Finora è l’educazione la prima precauzione. Lo dicono due dati: l’esempio dei genitori e il livello culturale.
L’Istat ci dice che i consumi eccessivi si riscontrano soprattutto in soggetti che hanno genitori che abusano nel bere, mentre il livello di consumo di alcol diminuisce all’aumentare del livello di studio.
Rispetto delle normative esistenti e attenzione educativa diventano i primi due strumenti per continuare a circoscrivere l’alcolismo.
Andrea Casavecchia