…in questa canzone esprimo quello che ho sempre pensato: che ci sia ben poco merito nella virtù e ben poca colpa nell’errore. Anche perché non sono ancora riuscito a capire bene, malgrado i miei cinquantotto anni, cosa esattamente sia la virtù e cosa esattamente sia l’errore, perché basta spostarci di latitudine e vediamo come i valori diventano disvalori e viceversa. Non parliamo poi dello spostarci nel tempo: c’erano morali, nel Medioevo, nel Rinascimento, che oggi non sono più assolutamente riconosciute. Oggi noi ci lamentiamo: vedo che c’è un gran tormento sulla perdita dei valori. Bisogna aspettare di storicizzarli. Io penso che non è che i giovani d’oggi non abbiano valori; hanno sicuramente dei valori che noi non siamo ancora riusciti a capir bene, perché siamo troppo affezionati ai nostri.
Fabrizio De Andrè
Queste sono le parole di Fabrizio De Andrè nel 1998, commentando la sua canzon: “La vecchia citta”. Quale testo scriverebbe oggi ispirato dalla recente Legge Cirinnà sulle unioni civili?
Si parla tanto di perdita dei valori, di giovani disorientati che finirebbero per abbracciare guerre non loro pur di sentirsi parte di qualcosa, di trovare finalmente uno scopo alla loro vita.
Ma raramente ci si domanda se ciò che consideriamo morale lo sia in senso assoluto, poiché questo comporterebbe un restare identico nello spazio e nel tempo.
La storia ci ha insegnato che così non è e spesso, proprio quando si abbandonano vecchie zavorre, l’umanità subisce cambiamenti epocali.
Il secolo scorso è stato caratterizzato da accese polemiche su cosa fossero i valori, sulla perdita di una morale che sembrava immutabile, dove ogni cosa aveva un senso e un ordine predefiniti.
Così il ventunesimo secolo ha portato con sé quest’eredità e, a ben vedere, ne ha fatto un baluardo.
Fine dei vecchi valori condivisi.
N’è testimone l’istituzione più antica ovvero la famiglia, dove il cambiamento è tangibile e irrefrenabile.
A festeggiare le prime cosiddette “ nozze gay” in Italia, il ventiquattro luglio 2016, sono state due donne quarantenni a Castel San Pietro Terme, in provincia di Bologna; il cinque agosto a Milano sono state celebrate dal sindaco Giuseppe Sala, con un certo orgoglio, le unioni civili fra due coppie omosessuali: due donne, che vantavano una convivenza lunga vent’anni e due uomini giovani e brillanti, come il verde condiviso delle loro cravatte; a Torino la sindaca Chiara Appendino, emozionata e commossa, ha unito in matrimonio una coppia di ottantenni che conviveva da cinquantadue anni. Uno dei coniugi dopo il rito ha affermato: “Dovete insegnare ai vostri figli a non avere paura. Ai miei tempi se dicevi di essere omosessuale rischiavi di finire in manicomio”.
L’unione same sex è presente già da qualche tempo in molti paesi europei, come la Spagna e l’Olanda, ed extraeuropei, come gli Stati Uniti con una sentenza definitiva della Corte Suprema del 2015; l’Italia ha compiuto un sensibile passo avanti aprendosi alle famiglie fondate sull’amore, il rispetto e la condivisione di diritti e doveri finalmente sanciti dallo Stato e indipendenti dallo stereotipo della famiglia tradizionalmente intesa.
La legge sulle unioni civili o Legge Cirinnà, ovvero Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze, nata dall’iniziativa di una compagine politica guidata dalla senatrice del Pd Monica Cirinnà che n’è stata la promotrice e la prima a sottoscriverla, è stata firmata il venti maggio del 2016 dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Conformemente all’articolo 2 della Costituzione della Repubblica Italiana secondo il quale:
“La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”, il Capo I della Lg Cirinnà afferma l’introduzione nel nostro ordinamento dell’istituto “dell’unione civile tra persone dello stesso sesso quale specifica formazione sociale”.
Ma il Papa tuona: “Non può esserci confusione tra la famiglia voluta da Dio e ogni altro tipo di unione” e, durante un’intervista rilasciata al settimanale francese La Croix, sottolinea come “Lo Stato deve rispettare le coscienze” e “…deve anche rispettare le critiche”. Secondo queste affermazioni lo stato dovrebbe dunque accettare, in materia di unioni civili, l’istituzione dell’obiezione di coscienza, come diritto umano: “È questa una vera laicità”, conclude il Pontefice.
Vanessa Giunta