La sottile linea tra sacro e profano, probabilmente, non è mai stata così labile: ciò che è andato in scena un paio di giorni fa a Roma, nella Chiesa di San Giovanni Bosco, non è una puntata di “Ai confini della realtà”, ma la amara verità ed il chiaro sintomo che il capitolo mafia non è, né probabilmente potrà mai essere chiuso fin tanto che assisteremo a scene di questo genere. Facciamo un passo indietro; ci troviamo nel 1990: Enrico de Pedis, considerato uno dei boss della banda della Magliana, viene ucciso il 2 febbraio a Campo de’ fiori; i funerali si svolsero nella parrocchia di San Giovanni Bosco e successivamente sepolto all’interno della cripta della basilica di Sant’Apollinaire. Sono passati 25 anni e nella stessa Chiesa, situata nel quartiere romano di Cinecittà, il 20 agosto si celebrano i funerali di Vittorio Casamonica, boss mafioso appartenente all’omonimo clan criminale. Un’antica carrozza funebre trainata da sei cavalli, limousine, Rolls Royce, petali di rosa che piovono dal cielo grazie ad un elicottero privato ed una banda che intona le note della colonna sonora de “Il padrino”: questa è la cornice per i funerali del “Re di Roma”, come annunciano i cartelloni, ma a questo punto tocca chiedersi: a cosa serve l’indignazione? A cosa, le richieste delle forze politiche di avere chiarezza sull’accaduto? A cosa serve tutto ciò, quando al passaggio del feretro la folla si commuove e si libera in un caloroso applauso? Non sorprende la stampa internazionale che rincorre le analogie tra le scene viste al funerale ed i set hollywoodiani, e giustamente l’Italia si nasconde dietro un velo di profonda vergogna, ma siamo davvero così imbarazzati? Lo siamo davvero quando sulla stessa parola “mafia”, in Italia, ma soprattutto in Sicilia, abbiamo costruito campagne di marketing fiere, come se vendessimo un prodotto di assoluta qualità e provenienza italiana e linee raffiguranti lo storico volto de “Il padrino” interpretato da Marlon Brando? Non sono i funerali in pompa magna a gettare sconforto, non è stato il primo ed amaramente non sarà l’ultimo, spaventa maggiormente il calore che circonda gli elementi che in questa società invano tentiamo di esorcizzare e disinfettare come una ferita mai realmente richiusa. L’imbarazzo non sta nella banda che suona, nella carrozza e nelle auto di lusso, la vergogna non sta nei petali di rosa che tingono di rosso il cielo come se lo stessero accoltellando; spaventa quel calore, quell’affetto, quella folla che si stringe intorno ad un boss mafioso. Papa Francesco ribadì che Vangelo e mafia sono in contrasto: quand’è che tale contrasto riuscirà ad essere compreso ed interiorizzato dalla società?
Andrea Viscuso