Società / Internet e New Media? Questione di alfabetizzazione

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news-mediaNon siamo pronti, non lo siamo mai stati, forse non lo saremo mai, ma la colpa non è loro. Non è dei new media, di quei media digitali che hanno drasticamente aumentato le potenzialità individuali: capacità di accedere all’informazione, di usufruire di qualsiasi forma di contenuto qui ed ora, di produrre qualsiasi forma di contenuto; e la lista dell’”empowerment” individuale potrebbe proseguire, ma soffermiamoci su quest’ultimo. La capacità di produrre contenuti è forse uno degli elementi che maggiormente caratterizza quella che il sociologo Jenkins chiama “cultura convergente” e, se ci pensiamo bene, no, non è cosa da poco: fino all’avvento di internet il rapporto tra pubblico e media era paragonabile a quello del consumatore che va a fare la spesa: prende il prodotto, consuma e, se lo ritiene buono, tornerà a consumare, altrimenti passerà a qualche altro prodotto; una visione estremamente semplicistica che non tiene conto delle numerose sfaccettature della comunicazione, ma la base è quella.
Oggi non si è più soltanto consumatori, oggi siamo prosumer: produttori e consumatori allo stesso tempo. Consumiamo contenuti e diventiamo produttori nel momento in cui non soltanto ne creiamo, ma li diffondiamo con i nostri contatti. Dove sta il problema? Chi pubblica, condivide e diffonde certi contenuti non si rende conto che i new media poggiano su due elementi che li contraddistinguono più di ogni altro: destrutturano tempo e spazio. Non esistono limiti, barriere, confini, tutti possono vedere tutto ed iniziamo a metterci in testa che quello che viene messo su internet lì resta. Una foto, un video o persino una conversazione in un batter d’occhio possono diventare virali e, senza neanche accorgersene, quello che fino ad un momento fa era una cornice di una realtà privata diventa di dominio pubblico.
Non siamo pronti perché non siamo mai stati alfabetizzati ai new media, non siamo mai stati educati al loro utilizzo ed al loro consumo, condividiamo e scambiamo contenuti tramite messaggi privati all’interno di un contesto che di privato ha ben poco. Che siamo nativi o tardivi digitali non fa differenza: il processo di alfabetizzazione ai new media tarda a decollare ed allora la colpa è nostra. È nostra se condividiamo contenuti che possono ledere la dignità di una persona, nostra se ci macchiamo di episodi di flaming (il flame è un messaggio deliberatamente ostile e provocatorio inviato da un utente della comunità verso un altro individuo specifico), nostra se condividiamo momenti privati lamentandoci che diventano di dominio pubblico. Il fatto che i media digitali ed in particolare i social network estendano le possibilità di partecipazione non ci esonera da una partecipazione, da una valutazione ed un utilizzo consapevole e critico. Non siamo stati educati online e forse alcuni di noi neanche offline ed è su questo che dovremmo riflettere: sulla nostra “pericolosità” piuttosto che su quella dei media digitali.

Andrea Viscuso

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