Si avverte un cambio di comportamento tra le famiglie italiane: prevale una sobrietà rispetto al consumo compulsivo che aveva caratterizzato le spese fino a poco tempo fa. Spunta un germoglio di speranza per relativizzare il valore del denaro?
Il periodo di contrazione dei redditi per gran parte dei nuclei familiari ha significato una revisione di abitudini e stili di vita. Recenti dati Istat su reddito e risparmio delle famiglie ribadiscono che le condizioni economiche per il consumo e per il risparmio nella comparazione degli ultimi due trimestri del 2014 non hanno dato segnali di miglioramento: a parità di inflazione il potere d’acquisto è diminuito di 0,5% e la propensione al risparmio è calata dello 0,3% per le famiglie consumatrici, che sono un aggregato più ampio rispetto ai nuclei familiari, ma rilevano comunque una tendenza a restringere i cordoni della borsa.
A seguito del processo dovuto alla crisi economica, il Censis ha osservato un’inversione di tendenza nei comportamenti: in un’indagine si rileva che il 52% degli italiani sceglierebbe di metterli da parte (il 52%), mentre solo l’11% aumenterebbe i suoi consumi, quando viene chiesto quale comportamento assumerebbero le persone, se avessero più soldi. Tra i comportamenti – spiegano i ricercatori – si ridefiniscono i contenuti di carrelli della spesa, di dispense, di armadi. È ritornata un’attenzione nella gestione delle risorse e la capacità di individuare percorsi alternativi nelle spese. Il rapporto con i consumi sembra venire ridefinito.
Riscoprire la sobrietà potrebbe essere la virtù capace di contrastare quel feticismo del denaro denunciato da Papa Francesco nella Evangelii Gaudium al n. 55: “La crisi finanziaria che attraversiamo ci fa dimenticare che alla sua origine vi è una profonda crisi antropologica: la negazione del primato dell’essere umano! Abbiamo creato nuovi idoli. L’adorazione dell’antico vitello d’oro ha trovato una nuova e spietata versione nel feticismo del denaro e nella dittatura di una economia senza volto e senza uno scopo veramente umano”.
Scegliere uno stile di vita sobrio consente alle persone e alle famiglie non solo di recuperare un equilibrio nella capacità di scelta, ma anche di contribuire alla costruzione di una società più equa e giusta. Significa orientare, attraverso le scelte di chi compra, le scelte di chi produce, orientandoli verso beni essenziali e duraturi, rispetto a quelli superflui e usa e getta. Significa rendere percorribile la strada che porta dalla società dello spreco a quella sostenibile, nella quale contano la qualità dei prodotti, le relazioni all’interno delle imprese, le responsabilità sociali e ambientali. Significa riaffermare, come chiede Francesco, il primato dell’uomo.
Andrea Casavecchia