Lucy e John sono due giovani vedovi. Affrontando il reciproco lutto e attraverso il lascito d’amore dei loro partner scomparsi, si sono innamorati, pur abitando a migliaia di chilometri di distanza ed essendosi conosciuti prima attraverso lunghe lettere che di persona. Non è la trama di un film certamente campione d’incassi, o almeno non ancora, ma è la storia vera di due persone unite dal dolore e legate da un filo che si è dipanato poco a poco.
Il marito di Lucy, Paul Kalanithi, era un famoso neurochirugo ed è morto di tumore ai polmoni nel 2015, a soli 37 anni. Prima di morire ha fatto in tempo a scrivere un libro struggente e intenso, completato dalla moglie e uscito postumo: “Quando il respiro si fa aria”, che per mesi è rimasto in vetta alle classifiche statunitensi.
John invece è vedovo di Nina Riggs, una poetessa morta di tumore al seno a 39 anni all’inizio del 2017. Anche lei, poco prima di andarsene, ha pubblicato “The bright hour” (ancora inedito in Italia), un bestseller incentrato sulla sua malattia e sulla sua famiglia.
Lucy aveva contattato Nina dopo aver letto un suo articolo e ne era nata una lunga e affettuosa corrispondenza tra le due donne che era proseguita per tutto il tempo della malattia della scrittrice. Tanto che Nina, nell’approssimarsi dei suoi ultimi giorni, consigliò a suo marito, John Duberstein, di chiamare Lucy dopo la sua morte. Da giovane vedova con una bimba piccola, come loro, avendo vissuto un’esperienza simile lo avrebbe aiutato ad affrontare meglio il lutto.
John, devastato dal dolore, prestò ascolto alla moglie e iniziò a scrivere a Lucy. Qualche mese e decine di mail dopo, si sono incontrati e, qualche mese dopo ancora, hanno capito che c’era qualcosa di profondo che li univa.
Per nessuno dei due è stato facile ammettere di essersi innamorati e iniziare una nuova relazione, così come non è stato semplice pensare che si potesse affrontare il rischio di ricominciare tutto dopo aver perduto quello che entrambi pensavano fosse il compagno e la compagna della vita.
Sia Lucy che John riconoscono il dolore persistente e le inevitabili sfide che devono affrontare. Entrare in una relazione, spiega lei, significa accettare la possibilità di perdere il proprio partner. “Se sei abbastanza fortunato sarai devastato quando moriranno. Accettare di inziare una relazione è coraggioso, ma cos’altro potresti scegliere?”
Un po’ “Insonnia d’amore” e un po’ “Un uomo, una donna”, la vicenda ci parla di possibilità, di fiducia, di forza, di futuro, di dolore e di speranza.
Non c’è un solo modo per affrontare la malattia e la morte della persona che si ama, né di chiedersi se questa volta sarà diverso o se dietro l’angolo succederà ancora qualcosa di terribile. Oppure se un nuovo amore sia una specie di risarcimento per aver sopportato una perdita vissuta come ingiusta. A volte capita troppo presto, a volte avviene dopo decine di anni felici trascorsi insieme. Ci sono anziani che si innamorano di nuovo e giovani che pensano che non gli succederà più per tutta la vita. Ci sono persone che vivono il resto della loro vita nel ricordo di chi non è sostituibile e persone che trovano un altro punto di equilibrio.
C’è un senso di colpa inevitabile nel prendere decisioni dopo la morte di un partner, soprattutto quando si parla di motivi che fanno battere di nuovo il cuore. Sembra quasi di tradire. Eppure, leggendo i molti commenti alla storia di Lucy e John, colpiscono quelli di chi è “dall’altra parte”, ovvero di è malato e sa di non avere più molto tempo di fronte. Sono pervasi di tenerezza e di struggimento, auspicando il meglio e una nuova vita alle persone amate, nel pensiero pesante non di essere dimenticati dai famigliari, ma di lasciarli in un dolore insuperabile e ingestibile.
Ecco, nessuno è preparato a morire e nessuno ad affrontare la vedovanza. Quello che sembrano insegnare Lucy e John – e anche Paul e Nina, i defunti coniugi – è che bisogna andare avanti con quelle che si ritengono le decisioni migliori, preparandosi a fare errori e a perdonarsi. E a camminare ancora.
Emanuela Vinai