C’è una nuova prospettiva culturale che si propaga dal mondo della campagna: agriturismo, gruppi di acquisto solidale, mercati biologici, orti urbani accompagnati dalle nuove forme di comunicazione mostrano una relazione nuova tra mondo rurale e mondo urbano. Non c’è più una sudditanza del primo mondo sul secondo, e tantomeno si assiste a una fuga dalla città.
Alcune tendenze che un tempo potevano essere classificate di nicchia, forse messe oggi in risalto da eventi eccezionali come l’Expo di Milano, segnano un lento ma importante processo di ricomposizione sul piano sociale, economico e culturale che restituisce all’agricoltura un ruolo da protagonista dopo la marginalizzazione dovuta alle forti fasi di industrializzazione.
In alcune pratiche si rintracciano modelli innovativi della società civile rurale che fissano ordini di priorità: il fulcro non è il singolo prodotto o lo specifico servizio. In quei modelli si privilegiano, invece, i tempi di maturazione naturali delle stagioni rispetto alle forzature di laboratorio, si è attenti agli equilibri del territorio, si punta alla soddisfazione delle persone e alla cura delle relazioni.
L’alimento acquisisce un valore simbolico e non è soltanto un prodotto per la soddisfazione del bisogno, altri elementi diventano centrali: la qualità dell’ambiente, e del territorio, la ricchezza della comunità di origine, i rapporti personali tra produttori e consumatori.
Scopriamo allora la realtà di reti di prossimità che superano il mercato e si fondano sulla fiducia reciproca dalle quali nasce una solidarietà che garantisce l’investimento in prodotti di qualità. Dietro c’è un’idea diversa di consumo più rispettosa dell’ambiente ma anche alla ricerca di “cibo genuino” e di esperienze che riavvicinino alla natura le persone immerse nella tecnica.
Vediamo che in situazioni simili si creano possibilità di nuovi tipi di lavoro che coniugano sapienza antica con nuove abilità: servono ad esempio competenze agroalimentari specifiche, il rispetto dei cicli naturali e la capacità di gestire reti comunicative che connettano realtà urbane al proprio mondo di produzione. Si aprono occasioni di lavoro in alcuni casi con disabili, in altri con giovani che tornano a lavorare le terre dei loro nonni soprattutto in zone depresse. Non si tratta soltanto di trovare un’occupazione, ma anche di vivere un’occupazione che offra un senso perché è capace di costruire qualcosa e non solo un reddito per sopravvivere.
Per favorire queste pratiche è importante anche un’azione politica locale che crei condizioni per fortificare le relazioni nascenti che poi con il tempo appaiono offuscarsi. In una relazione conciliata tra città e campagna appare possibile e reale quanto Papa Francesco afferma al n. 180 in Laudato sì “È possibile favorire il miglioramento agricolo delle regioni povere mediante investimenti nelle infrastrutture rurali, nell’organizzazione del mercato locale o nazionale, nei sistemi di irrigazione, nello sviluppo di tecniche agricole sostenibili”.
Andrea Casavecchia