Ci sono molti, troppi, bambini poveri in Italia. Il numero è alto e in crescita. Non c’è soltanto uno stato di deprivazione materiale ma c’è n’è anche una educativa. Insieme creano un forte ostacolo al benessere dei ragazzi e minano le basi del loro futuro.
È strano accorgersi dalle rilevazioni Istat che a partire dal 2011 l’incidenza della povertà nelle persone fino a 17 anni è cresciuta dal 12,7% al 19%, mentre nella fascia d’età anziana degli over 65 la percentuale è calata dal 12,1% al 9,8%. La tendenza stupisce, almeno a chi scrive, perché mostra come dall’arrivo della crisi economica in Italia sono state separate le due fasce della popolazione che tradizionalmente hanno bisogno di cura e di sostegno da pare delle altre. E quelli che hanno subito maggiormente il colpo, anzi quelli che hanno pagato per primi le conseguenze, sono stati i bambini. Un bambino su cinque verte in una condizione di povertà relativa. Si tratta di circa 2 milioni di ragazzi.
Questo, nel Paese delle mamme ultraprotettive, permettetemi, è contro intuitivo. E nel Paese che vive una crisi demografica è illogico, significa che si tende a trascurare il proprio futuro. Però, tanto è. E poi in uno dei Paesi che siedono nel G7, e partecipano al consesso del gruppo dei ricchi della Terra, questo è grave, significa che il livello di disuguaglianza interno è molto alto.
Un ulteriore allarme suona quando si osserva l’indice di povertà educativa che colpisce i bambini. Una ricerca di Save the Children sottolinea alcuni elementi che indicano da un lato le difficoltà strutturali e dall’altro lato le scarse opportunità per una parte dei piccoli italiani. Il 59% degli studenti frequenta scuole con una dotazione insufficiente a garantire l’apprendimento e nelle scuole primarie e secondarie di primo grado dove è presente il tempo pieno, solo nel 68% e nell’80% dei casi.
Si aggiunge poi un livello di risultati non all’altezza: purtroppo, si verifica che tra i quindicenni il 20% non arriva alla soglia minima di competenze in lettura e il 25% a quella di matematica. Inoltre supera il 15% il tasso di dispersione scolastica, sopra la soglia massima fissata dall’Unione europea fissata al 10%. Ma l’indice di povertà educativa mostra che ci sono forti lacune nelle opportunità che a bambini e ragazzi vengono offerte al di fuori della scuola, Nel report si segnala che tra i 6 e i 17 anni il 48% non ha letto un libro extrascolastico; il 69% non ha mai visitato un sito archeologico e il 55% un museo; il 46% non ha svolto attività sportive. Per questi ragazzi diventa difficile pensare a un futuro sereno nell’epoca digitale e della globalizzazione quando non si acquisiscono alcune risorse culturali di base. Si allarga così la distanza non solo nel presente, ma in prospettiva, nel futuro tra loro e i ragazzi che invece riescono a vivere una vita formativa completa e globale.
La situazione richiede impegno non solo per migliorare le istituzioni educative, ma perché tutta la realtà sociale sia coinvolta nella cura dei nostri figli più piccoli.
Andrea Casavecchia