Porre un argine alle disuguaglianze tra i cittadini è uno dei ruoli costituivi per le realtà della società civile, forse oggi è il loro compito principale. Se cresce la disuguaglianza, si favorisce lo sgretolamento sociale e il disinteresse verso la vita democratica. Uno studio dell’Ocse ha ribadito la crescita della disuguaglianza all’interno dei vari Paesi e ha evidenziato il contemporaneo incremento delle condizioni di deprivazione delle fasce più deboli della popolazione.
Allo svantaggio di tipo economico sembra se ne aggiungano altri di tipo sociale o culturale. Come se, vedendo aumentare la distanza che allontana i benestanti, i ceti popolari siano scoraggiati e rallentino. Al divario economico si aggiungono minore qualità dell’istruzione e inferiore voglia di partecipazione alla vita comunitaria. Peggiorano altre dimensioni della vita.
Insomma, la maggiore disuguaglianza deteriora sia le capacità dei più fragili d’investire in loro stessi sia quelle di renderli protagonisti della vita civile. C’è una forte responsabilità dei corpi intermedi: promuovere partecipazione significa includere e risvegliare i cittadini inermi, facile preda del populismo, delle xenofobie e dell’indifferenza.
Un cane che si morde la coda: riducono le loro opportunità di affermarsi personalmente e d’incidere nella vita politica delle loro comunità, perché si precludono la strada alla partecipazione e con essa la possibilità di portare avanti le proprie istanze. Dentro questo fenomeno emergono due importanti vocazioni per i corpi intermedi. Da una parte, la promozione educativa e formativa delle persone: non si tratta solo d’istruzione formale ma di diffusione di valori e codici etici per interpretare il senso della vita che nasce dalle relazioni. Dall’altra parte, l’attivazione delle responsabilità civiche, per arginare la disgregazione che l’aumento delle disuguaglianze tende ad alimentare.
Per ridurre le disuguaglianze certamente ci sono responsabilità pubbliche che richiedono un’iniziativa dello Stato, ma c’è una forte responsabilità della società civile. Non è possibile fuggire dall’integrazione dei vari attori sociali per invertire la rotta. La costituzione di un welfare plurale può costruire comunità fertili che coniughino partecipazione dei cittadini con sostegno delle amministrazioni ai vari livelli di governo, i quali dovrebbero agire da catalizzatori d’iniziative innescate e partecipate dal basso. Movimenti e realtà associative sono essenziali per costruire innovazione sociale in grado di stimolare i cittadini alla difesa dei territori, alla tutela dei beni comuni, alla rappresentanza degli interessi locali, alla formazione di gruppi di mutuo aiuto, alla promozione di reti tra le famiglie. Nella riforma avviata del Terzo settore bisogna evitare il pericolo di burocratizzazione delle realtà sociali che rischia, invece, di allontanare i corpi intermedi dalle persone.
Andrea Casavecchia