Solidarietà / A Forlì il primo “villaggio” in Italia fondato da don Oreste Benzi dove si “impara” a diventare genitori

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Si chiama “Villaggio della Gioia” e a guardarlo dall’esterno sembra un piccolo quartiere: i palazzi sono colorati, i bambini subito dopo la scuola giocano nel giardino pieno di fiori. Sembra una zona urbana come tante altre. Eppure c’è qualcosa di diverso. Qui, infatti, si impara a diventare genitori. In stretta collaborazione con i Tribunali dei minori e con i servizi sociali, bambini che a causa di difficoltà avrebbero rischiato di essere allontanati dalle loro famiglie, possono invece restare insieme alla loro mamma e al loro papà: è il “Villaggio della Gioia” di Forlì ed è stato realizzato dalla “Papa Giovanni XIII” (Apg23), la Comunità fondata da don Oreste Benzi nel 1968 e che dal 1973 rappresenta una delle principali realtà per l’accoglienza di minori in affido familiare e in Case Famiglia con una mamma e un papà.
È un luogo unico e pionieristico in Italia – si legge in una nota informativa –  uno degli ultimi che don Benzi ha voluto realizzare in prima persona e che festeggia ora i dieci anni dalla nascita. Dieci anni durante i quali sono state oltre 25 le famiglie che, per periodi più o meno lunghi, hanno trovato l’aiuto e il supporto necessari per affrontare e risolvere piccole e grandi difficoltà, evitando così l’allontanamento dei bambini al quale si arriva sempre per proteggerli e tutelarli. L’obiettivo è sperimentare un approccio differente, ospitando interi nuclei familiari ed evitando, quando possibile, il trauma della separazione.
Don Benzi ne seguì passo passo l’ideazione e lo sviluppo, ma non poté vedere l’avvio concreto dei lavori di costruzione della struttura, iniziati pochissimi giorni dopo la sua morte, avvenuta nel novembre nel 2007, e l’inaugurazione delle prime tre case il 26 settembre 2009 alle porte di Forlì.
Nel “Villaggio della Gioia” bambini e ragazzi a rischio di allontanamento dalla loro famiglia per decreti dei tribunali, vengono invece accolti insieme ai loro genitori e l’intera famiglia viene accompagnata in un percorso di recupero. Si tratta di un progetto unico in cui si crea un “ambiente terapeutico”e nasce dagli oltre 40 anni di esperienza della Comunità nell’accoglienza di minori e adulti in difficoltà e dall’intuizione del suo fondatore, secondo la quale le famiglie che vivono insieme possono essere una risposta al bisogno di altre famiglie, garantendo loro non solo un posto dove vivere in momenti di fragilità, ma anche interventi di tipo educativo e, soprattutto, momenti di vita comune. Nel Villaggio, infatti, è presente non a caso anche uno spazio polivalente per i momenti di socializzazione, formazione e gioco.
“In Italia – spiega il presidente della Apg23, Giovanni Ramonda – sono circa 30mila i minori che vivono al di fuori della propria famiglia di origine, e quando la serenità della famiglia e del bambino viene messa a rischio da situazioni di difficoltà o disagio, anche solo temporaneo, lo Stato utilizza solitamente l’Istituto dell’affidamento familiare”. Si tratta di una modalità che prevede la presa in custodia del bambino da parte di famiglie affidatarie finché i genitori non risolvono i propri problemi con l’aiuto dei servizi sociali.
La validità di questo progetto del Villaggio è stata sancita dal Tribunale per i minorenni di Bologna che, per la prima volta nella storia italiana, ha dato in affidamento proprio a questa struttura un’intera famiglia: una coppia giovanissima con un bambino piccolo che viveva un momento di difficoltà. Fino a quel momento si parlava solo di accoglienze di nuclei mamma-bambino, non di un’intera famiglia.
In quella situazione, la mamma, ancora minorenne, era nuovamente incinta, mentre il papà, poco più che ventenne, non aveva né una casa né un lavoro stabile. I giudici, dopo un’attenta analisi, hanno ritenuto opportuno collocare il nucleo familiare proprio nel “Villaggio della Gioia”, in modo che potesse essere seguito e affiancato dalle famiglie della Comunità Papa Giovanni XXIII. E così il bambino, nonostante l’affidamento ai servizi sociali, non ha mai dovuto allontanarsi dai suoi genitori.
“In alcuni casi – aggiunge Ramonda – l’allontanamento del bambino è inevitabile e necessario per preservare la sua serenità e sicurezza, ma in altre situazioni, lavorando sulla famiglia, le difficoltà si possono superare. Il nostro obiettivo è quello di ridare una speranza per risolvere un problema e sostituire una sofferenza con una gioia nuova”. E così, in questo luogo, tante mamme e tanti papà possono ritrovare la serenità per affrontare le sfide quotidiane dell’essere genitori insieme ai loro figli, con il supporto costante di psicologi e assistenti sociali.
Al “Villaggio della gioia” arrivano famiglie che attraversano momenti bui, indebitate, senza lavoro o senza una casa, soprattutto con gravi problematiche di tipo relazionale. Nella convinzione che tutti i bambini, anche quelli con disagi familiari, abbiano il diritto di crescere con i propri genitori, le famiglie accolte affrontano un percorso lungo e impegnativo che, in vista di una piena realizzazione scolastica per i bambini e lavorativa per i genitori, necessita di un supporto anche finanziario.
Per questo la Comunità punta adesso a costituire un “fondo famiglie” a cui chiunque può contribuire con donazioni benefiche o sostenendo in modo continuativo il Villaggio. Il fondo permetterà ai genitori di frequentare corsi di formazione in vista di un futuro lavorativo e per affrontare le spese sanitarie, psicologiche o logoterapiche che aiutino i bambini a superare il momento di difficoltà, per assicurare loro una vita ricca e piena.
Maggiori informazioni sul progetto su www.villaggiodellagioia.org

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