“Solo in una vita semplice ritroveremo la nostra essenza”

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La copertina del nuovo romanzo

Giuseppina Torregrossa ritorna in libreria. Dopo l’esordio con “Il conto delle minne”, che l’ha consacrata tra le penne della Mondadori diventando un bestseller, e “L’assaggiatrice” primo romanzo scritto ma dato alle stampe dopo il successo della prima pubblicazione, la ginecologa palermitana presenta ai suoi lettori una nuova storia siciliana e rigorosamente ‘al femminile’, dal titolo “Manna e miele, ferro e fuoco”. La storia è quella di  Romilda, una “pupa di manna e miele”, una creatura che incanta le api, che incontra la violenza e la prepotenza, il “ferro e il fuoco” del barone di Ventimiglia, sullo sfondo della Sicilia al tempo dell’Unificazione.

-Romilda è una figlia femmina desiderata, dopo tre maschi. Di solito, nella Sicilia che (ancora oggi) cerca il figlio maschio e considera “nuttata pessa” quella nella quale nasce una figlia femmina, accade il contrario, che dopo molte figlie femmine nasca finalmente l’agognato maschio. Anche qui, come ne “Il conto delle minne”, c’è il maschilismo e la violenza da combattere, una libertà e una dignità da rivendicare. È così difficile per una ‘femmina’ riappropriarsi di se stessa?

“È faticoso, ma non difficile. Ci vuole costanza, determinazione, e consapevolezza. Ma la soddisfazione è grande. E poi ci vuole anche la capacità di proiettarsi nel futuro. Io sono mia, è lo slogan più bello che abbia mai sentito”.

 Romilda viene cresciuta dalla madre, che la educa alla dolcezza e il potere mediante la cura della api, e dal padre “mannaluoro”, che le insegna ad estrarre dai frassini la miracolosa manna. La manna è quella proverbiale, biblica, quasi magica. È comunque, assieme al miele, dono delle api, il simbolo di una natura generosa, una “madre benigna” altruista verso gli uomini, quasi a riproporre una dimensione mitica, primitiva. La natura che ne “Il conto delle minne” era praticamente assente diventa qui una grande protagonista, con la manna e il miele, contrapposti al ferro e al fuoco della vita agiata ma inautentica che Romilda condurrà sposando don Francesco.

-Un gioco degli opposti: ma fino a che punto si fondono, e a che prezzo? 

“Sono convinta che l’uomo sia così infelice perché si è allontanato dalla natura e vive una vita artificiosa. Nelle periferie urbane o negli inquinatissimi centri storici non è più possibile assistere al miracolo di una notte stellata, di un mandorlo fiorito. Il potere becero ci fa schiavi e tristi. Ma il ferro non è solo violenza, esso è anche forza, il fuoco non è solo prepotenza ma anche passione…Non si tratta di una fusione ma di una mescolanza che può dare risultati straordinari e imprevedibili”.

La giovane Romilda affronta un difficile percorso di formazione: la sessualità, il matrimonio, la maternità, saranno per lei prove da affrontare, dolori da superare.

Giuseppina Torregrossa

Il bosco è l’emblema di una vita autentica. Romilda rinascerà al bosco, ma è in una comunione con la natura, in una vita semplice che è possibile ritrovare la nostra vera essenza, nessuno di noi può sfuggire a questo destino.

 -Ha detto che il percorso di Romilda è simile al suo. Nella scrittura proiettiamo sempre qualcosa di nostro. Quanto c’è di lei in Romilda, e in cosa essa è simile e diversa dalla ginecologa Agatina, protagonista de “Il conto delle minne”?

“Romilda sono io, ma anche Agata, Maricchia, persino Alfonso e Francesco di Ventimiglia. Gli autori di solito si guardano dentro e raccontano emozioni, desideri, sogni, nevrosi e paure che sono nella loro anima. Romilda, come Agata, attraversa un’esperienza estrema per poi riaprirsi alla vita, ecco cosa le accomuna. Anch’io come Romilda e come tutti gli esseri umani ho avuto i miei patimenti, ma ne sono uscita più forte e più felice”.

-Lei è una donna, mamma, ginecologa, scrive storie di donne, si interessa delle donne, della loro salute e del loro corpo. Si è discusso molto, in tempo di bunga-bunga, del corpo come oggetto di scambio, percepito come separato e utilizzabile anche separatamente dalla persona. Lei che ne pensa?

“Il corpo separato dal resto non esiste, noi siamo il nostro corpo. L’anima separata dal resto è un’astrazione. Pertanto l’uso del corpo separatamente dalla persona è solo un’illusione”.