La Commissione europea rende noti i risultati di una consultazione pubblica cui hanno preso parte oltre 4 milioni di persone (1% dei cittadini comunitari). L’84% di chi si è espresso chiede l’abolizione dell’ora legale, che ogni anno è introdotta a fine marzo fino alla fine di ottobre. Ora l’esecutivo Juncker stenderà una proposta di legge comunitaria, sulla quale decideranno (ma ci vorrà tempo) Parlamento e Consiglio Ue.
Magari non oggi, ma domani, forse dopodomani, qualcuno punterà – nel bene oppure nel male – il dito contro i soliti tedeschi. I quali, in stragrande maggioranza, sono favorevoli all’abolizione dell’ora legale. Sì, perché dei 4,6 milioni di cittadini Ue che hanno preso parte alla consultazione on line voluta dalla Commissione europea per avere un parere “popolare” sulla faccenda, due terzi o più hanno in tasca il passaporto della Germania.
Una bella sorpresa. Le consultazioni on line sono sostanzialmente sondaggi, aperti a tutti, che spesso l’esecutivo di Bruxelles lancia in vista della definizione di una nuova normativa o di una revisione legislativa in sede Ue. L’ultima delle quali chiedeva appunto un parere sull’abolizione o meno dell’ora legale: dal 1996 tutti gli europei spostano le lancette avanti di un’ora l’ultima domenica di marzo e indietro di un’ora l’ultima domenica di ottobre, con presunti vantaggi economici, energetici e ambientali. Benché, da sempre, una parte della medicina denuncia effetti negativi sulla salute delle persone. E non pochi studiosi e parlamentari, specie dell’Europa settentrionale, sostengono che i vantaggi in campo economico ed energetico siano modesti se non nulli. Ebbene, la sorpresa – positiva – riguarda il fatto che la consultazione via internet, svoltasi dal 4 luglio al 16 agosto, questa volta ha raggiunto ben oltre 4 milioni di persone (anche se i dati definitivi e ufficiali del sondaggio non sono ancora disponibili), mentre di solito non si va oltre qualche decina o centinaia di migliaia di risposte. Evidentemente il tema è avvertito come importante.
“Messaggio chiaro”. “Milioni di europei hanno partecipato alla nostra consultazione pubblica per far sentire la loro voce. Il messaggio è molto chiaro: l’84% è contrario al mantenimento del cambio dell’ora. Ci organizzeremo di conseguenza e prepareremo una proposta legislativa per il Parlamento europeo e il Consiglio, che poi decideranno insieme”. Il primo, autorevole, commento è giunto da Violeta Bulc, commissaria europea per i trasporti. I partecipanti al sondaggio, è stato spiegato, “provengono da tutti i 28 Stati membri”. La stessa Commissione precisa che si tratta del “numero più alto di risposte mai ricevute in una consultazione pubblica”.
Questione di numeri… Non sarebbe a questo punto superfluo segnalare che i partecipanti, benché oggettivamente numerosi, sono inferiori all’1% della popolazione Ue. Il Paese in cui si è registrata una maggiore partecipazione al sondaggio è appunto la Germania, con il 3,79% dei rispondenti (percentuale sulla popolazione nazionale); seguono Austria (2,94%), Lussemburgo (1,78%). Tutti gli altri Paesi segnano dati di partecipazione inferiori all’1 per cento: in Italia lo 0,04%, Spagna, Paesi Bassi e Danimarca sono sotto lo 0,20 per cento, in Francia si arriva allo 0,59% dei partecipanti rispetto alla popolazione totale. A dar fuoco alle polveri è stata una dichiarazione del presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, che a una tv tedesca ha affermato: “c’è stato un sondaggio pubblico, hanno risposto in milioni e c’è la volontà per il futuro che l’orario estivo sia quello usato tutto l’anno”. Da qui titoloni di giornali, tg e social: l’Ue abolisce l’ora legale.
In blu la percentuale di partecipanti al sondaggio favorevoli all’abolizione, in giallo i favorevoli al mantenimento del doppio orario
Abolire, sì o no? Secondo la Commissione, “più dei tre quarti dei rispondenti (76%)” al sondaggio on line sull’ora legale “ritengono che il cambio dell’ora due volte l’anno sia un’esperienza ‘molto negativa’ o ‘negativa’”. Per giustificare una “eventuale abolizione del cambio dell’ora i rispondenti hanno avanzato considerazioni legate agli effetti negativi sulla salute, a un aumento degli incidenti stradali o all’assenza di un risparmio energetico”. In realtà l’iter procedurale si prevede tutt’altro che rapido. Perché è vero che la maggioranza di quell’1 per cento di cittadini si è espressa per evitare il doppio orario (estivo e invernale), ma sarebbe interessante sapere cosa ne pensa il 99% (maggioranza silenziosa?) dei 512 milioni di cittadini Ue che hanno snobbato la possibilità di far sentire la propria voce. In democrazia conta chi vota, non chi si astiene: ma un sondaggio non è un voto popolare… Fra l’altro i dati della consultazione sono tutt’altro che omogenei sul territorio continentale: lo spostamento delle lancette appare indigesto soprattutto nell’Europa del centro-nord, mentre dispiace meno ai mediterranei. E comunque sarebbe interessante verificare se il voto pro o contro sia stato sostenuto da adeguata informazione circa i vantaggi e gli svantaggi effettivi che l’ora legale porta con sé. Ma questi sono dubbi “di lusso” nell’era dei social.
Proposta legislativa. La consultazione pubblica sulle disposizioni relative all’ora legale era stata giustamente organizzata dalla Commissione europea facendo seguito a una risoluzione del Parlamento europeo adottata nel febbraio 2018 e alle richieste di alcuni Stati membri. La proposta legislativa che la Commissione è ora tenuta ad avanzare, e che andrà per competenza agli organismi legislativi dell’Ue (Parlamento e Consiglio), dovrebbe orientarsi a dare priorità all’ora solare. Cambiare, come detto, non sarà però semplice. “La maggior parte degli Stati membri ha una lunga tradizione di disposizioni relative al cambio dell’ora – conferma un documento della Commissione –, molte delle quali risalgono alla prima e alla seconda guerra mondiale o alla crisi petrolifera degli anni Settanta”. Dagli anni ‘80 l’Unione europea “ha progressivamente adottato norme in virtù delle quali tutti gli Stati membri si impegnavano a coordinare il cambio dell’ora, unificando i diversi regimi nazionali”. Da ormai 20 anni il cambio dell’ora si è imposto nell’intera Unione. Non è escluso che in futuro si possa tornare a decisioni in ambito nazionale: con prevedibili spostamenti di lancette e disagi per chi fa affari o viaggia in altri Paesi comunitari.
Gianni Borsa