Carolina è una studentessa acese che frequenta il corso di laurea in Lettere moderne presso l’Università di Catania. Dopo avere sostenuto due esami di lingua e letteratura neo-greca, nel mese di agosto è andata a Cipro per seguire un corso di approfondimento in tale lingua presso l’Università di Nicosia.
Com’è noto, l’isola di Cipro (situata nel Mediterraneo orientale a sud della Turchia) è divisa politicamente in due parti: la zona meridionale è indipendente, mentre la zona settentrionale è stata invasa dalla Turchia, ma senza alcun riconoscimento da parte della comunità internazionale. Nicosia, ubicata al centro dell’isola, è la capitale della repubblica autonoma, ma anch’essa è divisa in due da un muro simile a quello che c’era a Berlino prima della caduta del regime comunista.
La nostra Carolina ha accettato di mandarci delle corrispondenze da Cipro, durante il suo soggiorno che, considerato anche il periodo estivo, è diventato una specie di vacanza-studio. Questa che pubblichiamo è la prima.
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Poche ore di volo per ritrovarsi in un posto che a primo impatto sembra tanto identico al punto di partenza che viene spontaneo chiedersi: “Ma davvero ho cambiato città? Siamo sicuri che il pilota non abbia sbagliato rotta?”. E poi, appena mezz’ora di autobus è sufficiente a far cambiare completamente idea.
Appena giunti alla Παλιά Πόλη (palià pòli), la Città Vecchia, sembra di far un tuffo nel passato. Un labirinto di stradine percorribili solo a piedi, popolate da colonie di gatti pronti a farti le fusa appena ti avvicini, abitanti sempre disponibili e pronti ad aiutarti come meglio possono, sempre col sorriso sulle labbra, che non si limitano a darti indicazioni, ma che sono addirittura pronti ad accompagnarti personalmente dove vuoi.
E poi il confine, una recinzione lunga circa 90 chilometri che separa due culture agli antipodi. Tanto vicini, ma così diversi, due mondi, con usanze, stili di vita e caratteri differenti. Una città divisa da antichi conflitti che si ripercuotono sugli abitanti di oggi.
A ricordarlo, cinque volte al giorno, compresa la notte, è il canto del Muezzin, proveniente dalla Moschea a pochi chilometri da qui, inquietante e affascinante allo stesso tempo, un lamento, una preghiera, qualcosa di sconosciuto eppure tanto vicino. Due culture entrate forzatamente a contatto, che ora sono costrette a convivere. Solo pochi anni fa il referendum per la riunificazione ha mostrato come i due popoli siano discordi su ciò che vogliono, da una parte i Turchi, pronti alla riunificazione e alla pacificazione, dall’altra i Ciprioti che vorrebbero riprendersi i loro antichi territori e mandar via lo “straniero”, solo che adesso, dopo tanti anni, questa isola è anche casa loro. Sono sufficienti poche parole scambiate con un ragazzo a capire quanto sia difficile per tutti questa situazione; un ventenne che rifiuta l’invito dei compagni di classe di andare al mare nella zona greco-cipriota, perché teme di essere riconosciuto come diverso ed essere etichettato ed additato, un ragazzo che ama la cultura greco-cipriota, che vuole studiarla e farla propria, che dice di volere solo la pace, Ειρήνη (irìni), in un periodo in cui non si sente parlar d’altro che di guerre, conflitti e attentati, in cui la paura dell’altro è sempre più forte.
È bello vedere, però, come ragazzi provenienti da diverse parti del mondo, che parlano differenti lingue, ma che sono accomunati dall’amore per la stessa, quella greca, riescano a convivere e ritrovarsi, come se si conoscessero da sempre, come se le differenze non esistessero. Due serbi, una tedesca, due spagnoli, quattro italiani (gli italiani sono sempre in maggioranza, ovunque si vada) e delle russe, che si raccontano, che parlano delle proprie esperienze, delle proprie culture, che si confrontano sulle loro esperienze e sui loro sogni, pronti ad accettarsi e aiutarsi l’un l’altro in ogni circostanza, da subito, senza bisogno di conoscersi, una compagnia, παρέα (parèa) in greco, variegata e strana, che attira l’attenzione dei passanti, curiosi di sapere come dei ragazzi provenienti da luoghi tanto lontani tra loro stiano insieme e siano così tanto in sintonia, come se si conoscessero da sempre.
Carolina De Maria