Speciale Sacro Cuore 3 / Ma è arrivata (dopo il drammatico evento del sisma 2002) la grazia in abbandonza

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Abside altare centrale - Ascensione di Nostro Signore (Primo Panciroli, 1907)

Il “tempo” di un terremoto è quasi sempre misurabile in secondi. Ma la scia di angoscia, di paura, di terrore che lascia potrebbero non bastare anni per poterla superare. Cadono tetti, crollano muri, si chiudono chiese, scuole…tutto in un attimo sembra fermarsi ed è nello stesso attimo che cadono sicurezze, crollano certezze, ci si chiude a riccio cercando di proteggere le “cose” più care.

Ma per fortuna c’è un “dopo”, un tempo più lungo, dove si ricostruisce, si cerca di far meglio, si guarda avanti con fiducia e speranza perché il peggio è passato.

Abside altare centrale - Ascensione di Nostro Signore (Primo Panciroli, 1907)
Abside altare centrale – Ascensione di Nostro Signore (Primo Panciroli, 1907)

Ed il peggio è passato da 12 anni anche per la comunità del Sacro Cuore che in mezzo a tante difficoltà oggettive, ma anche tra tante contraddizioni, ha continuato a camminare cercando di resistere alla tentazione di mettere tutto in stand by nell’attesa che le cose, le case e le chiese ritornassero al loro posto. Oggi mi è chiesto di guardare indietro cercando di scorgere cosa è mancato, ma è difficile raccogliere in un’unica risposta la varietà di sentimenti che ruota intorno a questa domanda. Ciascuno attribuisce un valore diverso agli eventi, valore legato alla propria sensibilità, alla propria formazione, per cui anche il terremoto del 2002 e le conseguenze che ne sono derivate, compresa la chiusura della chiesa parrocchiale, acquista significati diversi e spesso soggettivi.

Qualcuno ha perso un punto di riferimento, ad altri sono mancate le messe, c’è chi dice che è venuto meno il senso di comunità, chi ancora rimpiange i luoghi degli incontri…

Di certo è mancato il CORAGGIO. Si sono spalancate davanti a noi, improvvisamente, nuove strade da percorrere, ma la paura del nuovo, il timore di “perdersi”, le esitazioni di fronte ai cambiamenti ci hanno spesso legati ai blocchi di partenza.

E’ mancata la LUNGIMIRANZA. Come cristiani siamo chiamati a vivere le situazioni della vita, anche quelle più difficili, ed il terremoto lo è stato per molti, con speranza, con occhi illuminati, con lo sguardo proteso al futuro. Futuro che però non è mai uguale al passato. Le abitudini consolidate, così come molte di quelle che chiamiamo tradizioni, in qualche modo ci davano sicurezza e scardinarle ci ha resi, invece che liberi, vulnerabili.

E’ mancata la GIOIA, intesa come porta d’ingresso e strada d’accesso Le nuove sfide, i nuovi incontri ci hanno trovato spesso tristi e diffidenti. Abbiamo preferito barricarci dietro inutili difese piuttosto che lanciarci nell’abbraccio fraterno dell’altro.

E allora il terremoto paradossalmente ai miei occhi si trasforma in un prezioso momento di Grazia, riversata su di noi abbondantemente, l’inagibilità della chiesa in un momento di crescita per riscoprire l’essenzialità della fede che professiamo e verificarci in termini di coerenza e testimonianza.

In una parola un’occasione speciale da cogliere, da leggere, da interpretare, da non lasciar cadere nel vuoto e che solo il tempo, da qui in avanti, ci dirà se ci ha insegnato qualcosa!

  Virginia Consoli

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