Spettacoli / Le Gole dell’Alcantara diventate teatro dell’Inferno dantesco

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Dal 5 luglio al 4 agosto 2019 il suggestivo scenario delle Gole dell’Alcantara si è trasformato nell’inusuale palcoscenico che ha ospitato “L’Inferno di Dante”: lo spettacolo, prodotto dall’Associazione “Buongiorno Sicilia” e da Vision Sicily, per la regia di Giovanni Anfuso, anche quest’anno ha riscosso tra il pubblico un successo tale da rendere necessaria la previsione di un calendario di repliche.

Tra roccia ed acqua, attori e spettatori si trovano racchiusi in un’atmosfera surreale in cui, per 45 minuti, la realtà dei luoghi si trasforma, grazie ai magistrali giochi di luci e suoni, risucchiando l’immaginario del pubblico fino ai più profondi meandri dell’inferno dantesco.

Verso dopo verso, le rive dell’Alcantara ospitano il viaggio ultraterreno di Dante e Virgilio, rappresentando – tra le danze dei dannati ed i giochi di fuoco – i personaggi ed i passi più noti della cantica dell’Inferno: ecco che, attraversata quella “selva oscura” ricreata dalla vegetazione e dalle pareti rocciose del parco, lo sguardo dello spettatore si sposta – senza soluzione di continuità – sulle acque dell’Alcantara che, assumendo le sembianze della “trista riviera d’Acheronte”, vengono attraversate da Caronte, traghettatore infernale; “quali colombe dal disìo chiamate” Paolo e Francesca risalgono la corrente del fiume per rievocare, dinnanzi ad una folla rapita e sorpresa, l’ultimo riflesso di una tragedia che chiede solo comprensiva pietà; al grido delle Erinni, l’Alcantara si tramuta idealmente nella palude Stigia, attraversata dal Messo Celeste che, “pien di disdegno”, stende sulla scena un inatteso manto di silenzio in cui riecheggia, unicamente, il coro sommesso del fiume.

Tra le scelte del regista, non mancano i racconti carichi di pathos di Ulisse e del Conte Ugolino: il primo che, nel rammentare il naufragio, racchiude in sé il contrasto tra la morte e la vita, tra i limiti umani e la voglia di dirigere la prora “verso l’alto mare aperto” alla ricerca della “virtute e canoscenza”, all’inseguimento di un puro ed eroico desiderio di sapere; il secondo, drammatico, che nella rabbia e nella disperazione, riverbera ancora, nonostante il passare dei secoli, le atrocità commesse in nome del potere terreno.

Infine, le rive si trasformano nel più profondo Inferno, il luogo eterno di Lucifero, da dove Dante e Virgilio intraprendono la loro risalita attraverso il “cammino ascoso”: i rami, le acque e le rocce del palcoscenico naturale delle Gole dell’Alcantara sembrano seguire i mutamenti dettati dal racconto e, poeticamente, senza quasi averne percezione, variano ancora, diventando rappresentazione dell’aspirazione più alta, della ricerca del superiore.

Dante e Virgilio protendono verso il “chiaro mondo”, verso la luce, verso un cielo terso che, come un attore attende il momento dell’entrata in scena, finalmente, appare a tutti i presenti – artisti e spettatori – con vibrante liberazione, nella purezza dei suoi astri: “e quindi uscimmo a riveder le stelle”.

Giulia Guarrera

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