Spettacolo e fede / Agata, la Santa fanciulla. Il regista Anfuso: “Ha raggiunto il cuore degli spettatori”

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Un esordio sorprendente che ha guadagnato lunghi applausi ed anche qualche lacrima di commozione, nella serata dell’anteprima del dramma sacro scritto e diretto dal regista catanese Giovanni Anfuso, Agata la Santa fanciulla. Appassionati, infatti, i commenti da parte delle personalità presenti, quali l’Arcivescovo di Catania mons. Gristina, il sindaco della città Salvo Pogliese ed il Presidente del comitato per i festeggiamenti Agatini, Riccardo Tomasello, che si sono uniti al coro dei consensi e di chi si è detto sinceramente coinvolto e commosso.
La rappresentazione ha innanzi tutto permesso al pubblico di sentirsi fisicamente coinvolto nell’atmosfera riprodotta all’interno della badia, scenario della stessa cornice storica dalla quale sarebbe poi emerso il dramma di Agata, e dove il palcoscenico sembra non avere limiti mentre gli attori si muovono indifferenti anche al fianco del pubblico e raggiungono persino la grata lignea da dove, un tempo, le monache di clausura assistevano alla Messa.
Un modo nuovo e del tutto inaspettato di raccontare le vicende di Agata attraverso voci e volti che si intrecciano in fatti veri ed in qualche concessione immaginaria, lasciando abilmente procedere la narrazione attraverso due binari: quello dei riferimenti allo sbarco degli alleati, durante la seconda guerra mondiale, e degli sforzi encomiabili di chi ha cercato in tutti i modi di proteggere ciò che costituisce un valore particolarmente significativo per la comunità catanese e, al contempo, quello del martirio di Agata che, grazie alla sua incrollabilità religiosa, infiamma le coscienze ed invoca un impegno religioso concreto e sincero da parte di tutti i concittadini.
Grande entusiasmo anche tra gli attori galvanizzati dai calorosi applausi che hanno premiato un’interpretazione sentita ed appassionante che ha evidentemente raggiunto il cuore degli spettatori.
Più di tutti, sicuramente soddisfatto ma palesemente emozionato, era lui, Giovanni Anfuso, la sapiente regia che ha messo in scena quello che si è già annunciato come un sicuro successo. E nonostante il bagno di folla e di compiacimenti, ha risposto con molto umiltà e grande voglia di condivisone alle nostre domande.
Le è stato facile attingere dalla storia per creare la cornice dove esporre le vicende di Agata?
No, affatto. Abbiamo attinto sì alla storia ed abbiamo trovato davvero tanto materiale ma si tratta di una storia che non basta leggerla sui libri, la devi verificare quando la metti in bocca agli attori e la dai ad un pubblico. E questo mi è costato una fatica enorme, visto che non sono uno storico; il mio compito piuttosto è quello di produrre qualche emozione e spero di riuscire bene in questo.

Il regista Giovanni Anfuso

Visto che nelle sale teatrali tradizionali si vedono ancora pochi giovani, crede che questa rappresentazione su Agata riuscirà a coinvolgerne parecchi di quelli catanesi, al di là delle numerose adesioni da parte degli istituti scolastici?
 Noi abbiamo provato a raccontare una storia che possa contenere un fascino – non contiene infatti, soltanto il martirio di Agata, anche se questo c’è ed è la parte centrale – per aprire il confine dell’attenzione e dell’interesse. Un racconto che parla di accoglienza e di pace, ovvero di temi purtroppo ancora attuali che hanno instillato in me, per primo, il desiderio di incontrarmi faccia a faccia con Agata per chiederle: dove abbiamo sbagliato? E perché abbiamo sbagliato?
Una rappresentazione ispirata al martirio di Agata: si è trattato semplicemente di un obbligo verso la sua città o tali vicende sono state davvero di grande ispirazione?
Confesso che alla fine di questa esperienza mi sento così coinvolto che ho preso l’impegno con me stesso di essere un uomo migliore, anzì ho capito che ho bisogno di Agata per esserlo. E mi piacerebbe che questo mio sentire fosse condiviso da tutti e non solo il 5 febbraio, in occasione della ricorrenza, quando la gente sembra volersi mettere la coscienza apposto per poi dimenticare tutto il giorno dopo; ma che possa trattarsi di un sentimento duraturo.
Anche se in parte ha già risposto, le chiedo: cosa le ha lasciato Agata, cosa ha lasciato in lei e, se ha percepito qualcosa, anche negli attori?
In tutti noi lascia un profondo impegno, una gran voglia di far bene il nostro lavoro e non solo, tant’è che con gli attori – con molti dei quali ho percorso gran parte della mia carriera – oggi è successo qualcosa di straordinario, qualcosa che nelle altre prime non era mai successo.

Cristiana Zingarino

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