Spettacolo / Jerry Lewis, addio al campione della risata

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Domenica 20 agosto si è spento a Las Vegas il celebre attore comico statunitense Jerry Lewis, all’età di 91 anni. Nato nel 1926 da una famiglia ebrea di origini russe, il suo vero nome era Joseph Levitch. La sua è stata una lunga carriera costellata da successi tra grande e piccolo schermo, con una carica comica giocata tra ironia e farsa. Era bello Jerry Lewis, ma camuffava la propria bellezza con una maschera comica deformante – il personaggio del “picchiatello” – dalla battura incisiva. Amato ma non del tutto capito negli USA, è stato accolto invece con elogi dalla critica europea.

Inizio folgorante con Dean Martin. Formatosi in gioventù al seguito dei genitori in ambito teatrale, Jerry Lewis vede il suo esordio legarsi soprattutto al sodalizio con l’italoamericano Dino Crocetti in arte Dean Martin. L’affascinante cantante e il comico slapstick – un umorismo plastico, fisico, alla Buster Keaton, Charlie Chaplin, i Fratelli Marx e Laurel & Hardy (Stanlio e Ollio) – iniziano a lavorare insieme nel 1946, quando Dean Martin chiama Lewis per uno spettacolo in sostituzione di un collega. Un vero successo, che si tramuta in una collaborazione decennale fino al 1956. Oltre agli spettacoli teatrali, radiofonici e televisivi, i due girano insieme ben 16 film: dal “La mia amica Irma” (1949) a “Irma va a Hollywood” (1950), passando per “Il nipote picchiatello” (1955) fino a “Hollywood o morte!” (1956).

Periodo solista anche come regista. Forti del reciproco successo, i due artisti nel 1956 prendono strade differenti. Jerry Lewis rimane fedele alla propria vis comica, potenziando e ampliando la carrellata di volti irriverenti. Il suo è un umorismo sempre pungente, di matrice culturale ebraica come l’allora emergente Woody Allen. Il personaggio che interpreta rimane quello del perdente della società, vittima delle ingenuità e sregolatezze della classe media statunitense. Tra i suoi film si ricorda anzitutto “Il ragazzo tutto fare” (1960), di cui è interprete e regista; durante la lavorazione del film inventa anche la tecnica del video assist, ossia la possibilità di vedere immediatamente il materiale girato, una pratica poi divenuta abituale nella produzione di film-fiction. Tra gli altri titoli: “Il Cenerentolo” (1960), “L’idolo delle donne” (1961), “Il mattatore di Hollywood” (1961), “Le folli notti del dottor Jerryll” (1963) e “I 7 magnifici Jerry” (1965).

La collaborazione con Scorsese e i riconoscimenti. Seguono poi anni di scelte incerte, molti impegni filantropici e ricorrenti problemi di salute. Momento di ritorno sulla scena del grande cinema è la partecipazione al film “Re per una notte” (1983) di Martin Scorsese, insieme a Robert De Niro. Sul fronte della critica e dei riconoscimenti, Jerry Lewis è apprezzato a Hollywood soprattutto negli anni iniziali; la sua frizzante comicità non è però del tutto compresa in patria, mentre in Europa ottiene consensi più evidenti e incoraggianti: dal Leone d’oro alla carriera nel 1999 alla Mostra del Cinema della Biennale di Venezia al tributo al Festival di Cannes nel 2013. Nella sua vita artistica è mancato un Oscar, ricevendo dall’Academy solamente il Jean Hersholt Award nel 2009 per l’impegno umanitario.
E proprio l’impegno umanitario si configura come un tratto fondamentale della sua vita, cui si è dedicato sin dagli anni Sessanta, ottenendo persino nel 1977 una candidatura per il Nobel per la pace. Da sottolineare la sua ideazione nel 1966 della raccolta fondi televisiva per la ricerca medica Telethon, ovvero Television Marathon.

Massimo Giraldi
Sergio Perugini

 

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