Sport / Dick Fosbury: l’eredità oltre la morte

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È passata poco più di una settimana dalla morte a Portland, all’età 76 anni, di Dick Fosbury. Il campione statunitense vincitore dell’oro alle Olimpiadi di Città del Messico 1968, con il suo Fosbury flop è passato alla storia e ha rivoluzionato il modo di saltare nel salto in alto. A darne la triste notizia era stato l’ex manager Ray Schulte, con un chiaro post su Instagram.

«È con il cuore pesante che devo annunciare che l’amico e cliente di lunga data Dick Fosbury è morto pacificamente nel sonno domenica mattina presto dopo una breve recidiva di linfoma – scrive Schulte. – Dick mancherà moltissimo agli amici e ai fan di tutto il mondo. Una vera leggenda e amico di tutti». Con questo messaggio l’agente e amico del campione chiariva anche la causa della morte. Quest’ultima legata alla ricomparsa di un linfoma contro cui l’atleta classe ’47 si è dovuto arrendere.

Dick Fosbury: l’eredità oltre la morte, i debutti e il salto non capito

Nato a Portland, Fosbury era figlio di immigrati inglesi e studente di Medford, in Oregon. Da ragazzo non sembrava per niente portato per lo sport. Dopo aver abbandonato il baseball e il basket aveva intrapreso la strada dell’atletica leggera e, in particolare, quella del salto in alto, con scarsissimi risultati; tanto da definirsi, nella sua autobiografia, come «uno dei peggiori saltatori in alto dello Stato». In effetti, durante il liceo, Fosbury aveva avuto molte difficoltà a competere usando le tradizionali tecniche di salto in alto del periodo: in particolare, il metodo straddle, ovvero un movimento complesso in cui un atleta superava la sbarra del salto in alto rivolta verso il basso e sollevava le gambe individualmente sopra la barra. Il giovane Fosbury trovava talmente complicato coordinare tutti i movimenti..

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