È ancora presto per poter affermare con certezza che questi Giochi Olimpici invernali abbiano sancito una svolta definitiva nei rapporti tra le due Coree ma, senza ombra di dubbio, l’esordio olimpico rappresenta la plastica dimostrazione di come lo sport possa permettere alla diplomazia di compiere passi da gigante. L’edizione numero ventitré è cominciata, a Pyeongchang, all’insegna di una storica e inedita distensione tra Nord e Sud, contrassegnata da alcuni momenti altamente simbolici. Il primo fa riferimento alla cerimonia d’apertura che ha visto sfilare assieme, sotto un’unica bandiera che raffigura la penisola coreana in blu su sfondo bianco, gli atleti di entrambe le squadre: una decisione maturata lo scorso gennaio, in occasione dei colloqui che hanno ratificato una vera e propria tregua olimpica a cavallo tra il 38° parallelo. “Uno dei più visibili segnali di disgelo”, come ha scritto a riguardo l’agenzia di stampa sud-coreana Yonhap.
Lo Stadio Olimpico di Pyeongchang ha accolto con un boato la delegazione di atleti delle due Coree, a corollario di un momento altamente significativo a livello storico e politico: in tribuna, infatti, è avvenuta una storica stretta di mano tra il presidente della Corea del Sud Moon-Jae-in e Kim-Yo-jong, la sorella più giovane del leader nordcoreano Kim-Jong-un. Questa è la prima volta dalla divisione in due della penisola coreana che un rappresentante della famiglia Kim visita ufficialmente il Sud: un incontro preceduto da quello tra Moon Jae-in e il capo della delegazione del Nord Kim-Yong-nam, capo dello Stato de facto in questo frangente. Un breve faccia a faccia, previsto dal protocollo, che è avvenuto a Yongpyeong, città vicina a Pyeongyang.
Un disgelo evidente e improvviso che, a quanto pare, sembra aver spiazzato due storici alleati della Corea del Sud come Stati Uniti e Giappone: il vicepresidente USA Mike Pence, infatti, ha disertato la cena in programma con i dirigenti di Nord e Sud, mentre il premier giapponese Shinzo Abe non ha partecipato alla foto di gruppo in cui apparivano assieme la sorella di Kim-Jong un e il presidente Moon. Tensioni e sospetti che, però, non possono cancellare immagini che hanno fatto il giro del mondo: i ventitreesimi Giochi olimpici invernali, ancor prima dei risultati, potrebbero dunque passare alla storia come quelli che hanno promosso una distensione che, fino a qualche mese fa, sembrava impensabile anche soltanto da concepire.
Accanto ai possibili, epocali risvolti diplomatici, poi, ci sono le gare: giunte al terzo giorno e che hanno già regalato alla spedizione azzurra la prima, preziosa medaglia. Si tratta del bronzo dell’altoatesino Dominik Windisch, nella gara di biathlon che ha visto il clamoroso tonfo del favorito francese Ramon Fourcade. L’oro è andato al tedesco Arnd Peiffer, l’argento al ceco Michal Kramar. La quinta medaglia italiana di sempre nella disciplina ha visto Windisch lottare fino alla fine per il metallo più prezioso: impresa che avrebbe anche potuto raggiungere, se non fosse per un solo errore al tiro.
Quella dell’atleta classe ’89, nato a Brunico, rimane comunque una prestazione super: «quando ho sbagliato l’ultimo tiro ho pensato non è possibile, l’avevo visto bene, ho perso l’opportunità della mia vita. Ma quando sei a un’Olimpiade – specifica Windisch ai microfoni di Eurosport – e senti che stai lottando per una medaglia dai davvero tutto, sei soltanto tu e l’adrenalina. Sto sognando, voglio godermi questo momento». La giornata di ieri ha visto anche le medaglie solo sfiorate di Fischnaller nello slittino e della coppia Cappellini-Lanotte nella prova a squadre di pattinaggio di figura: stamattina, nuove gioie potrebbero arrivare ancora dal biathlon, con le gare maschili e femminili di inseguimento.
Giorgio Tosto