Sport / Sadio Mané, il bacio e quello sguardo al cielo

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Uno sguardo fulmineo, un movimento bruciante, un tracciante letale… ed è ancora uno splendido gol che pare marchiato in fabbrica, vista la facilità di replica. Quindi l’esultanza: via verso la bandierina, un bacio al cielo accompagnato dal dito, a disegnare quasi un sorriso a mo’ di cometa… Lo abbiamo già visto, più o meno, in tanti campi polverosi di periferia come tra i campionati maggiori, talvolta. Eppure stavolta fa il giro del mondo: non solo perché a realizzarlo è Sadio Mané, stella del Liverpool e del calcio internazionale, ma perché dietro quella “cometa” che ha colorato la goleada dei “Reds” contro il Crystal Palace allo stadio Selhurst Park, sabato 19 dicembre, c’è qualcosa di molto più profondo.

Lee Swan, il volontario numero 1

Non solo ai più appassionati della Premier League inglese, non sarà sfuggito quel il bacio al cielo: non un’esultanza come tante, soprattutto per il suo significato e per la storia del protagonista. Partecipando pochi giorni prima al video di Natale di uno sponsor della squadra, Mané aveva conosciuto un fan speciale: Lee Swan, uno dei volontari più attivi nel Florence Institute, “The Florrie”, che a Liverpool si occupa di fornire aiuto ai più bisognosi, soprattutto in questo drammatico 2020. Swan Lee è talmente presente nel centro e in modo così encomiabile da meritarsi, per tutti, non solo l’appellativo di “Volontario numero 1” ma, vista la sua fede calcistica nei mitici “Reds” della città, anche una videochiamata con l’idolo Sadio Mané. Durante la chiacchierata, la stella senegalese aveva chiesto a Lee di suggerirgli un’esultanza per il gol successivo, promettendo un gesto prontamente mantenuto.

Mané: molto più di un bacio al cielo

“Un bacio ‘lanciato’ con il dito verso il cielo per il nonno Lee” da parte del nipote Swan: sembrerebbe un piccolo gesto, quell’esultanza richiesta e adempiuta, se non fosse solo un minuscolo orpello rispetto al grande contributo di solidarietà che, senza proclami, è parte integrante della semplice filosofia di vita di una delle più grandi stelle del calcio moderno. Devoto musulmano, non di rado lo si è visto pulire i bagni della moschea Al-Rahma di Liverpool, che sostiene economicamente e dove pratica il suo credo: né il contratto faraonico di 6 milioni di euro netti a stagione, né la gloria raggiunta con la maglia del Liverpool, hanno cambiato questo ragazzo originario di Bambali, villaggio della regione di Sedhiou, in Senegal. Sadio Mané stella del Liverpool

Filosofia di Sadio Mané, stella del Liverpool

“Perché dovrei volere dieci Ferrari, venti orologi con diamanti e due aerei? Cosa faranno questi oggetti per me e per il mondo? Ho avuto fame, ho lavorato nei campi, sono sopravvissuto a tempi difficili e ho giocato a piedi nudi, senza avere il privilegio di andare a scuola. Oggi, con quello che guadagno, posso aiutare le persone”. Ha fatto scalpore, per quanto questo stesso sia paradossale, sentire parlare così uno dei giocatori ormai più noti nel mondo del calcio. Ma solo finché il suddetto mondo non si è accorto di chi fosse davvero Mané e di come spendesse tempo e denaro. Poco affine alle luci della ribalta e spesso timido, ma non in campo, dove invece è una freccia acuminata per ogni avversario, dedica le sue poche vacanze a visitare il suo paese, lasciato molto giovane dopo un provino che cambiò la sua vita e quella dell’intero villaggio, per generazioni.

Nel cuore del Senegal

Era appena adolescente quando, a 15 anni, viaggiò per 500 miglia direzione nord per  Dakar, dove i sogni della maggior parte dei bimbi si infrangono. Sadio aveva perso il padre pochi anni prima, per una banale complicazione intestinale che, a causa della povertà e dell’assenza di un ospedale nel raggio di chilometri, nessuno poté curare. Una circostanza per la quale anche oggi, soprattutto in tempi di Covid-19, molte persone nelle zone più povere del continente africano rischiano di subire la stessa sorte.“Nel mio villaggio, giocavo per strada o dove capitava. Tutti mi dicevano che ero il migliore in città, ma la mia famiglia non vedeva di buon occhio il calcio. Sono molto religiosi e volevano qualcosa di diverso per me. All’inizio si opposero, ma poi hanno capito che era l’unica cosa che volevo e mi aiutarono”.

Da Bambali al tetto del mondo

“Quando toccò a me – ha raccontato Mané – c’era un uomo anziano che mi guardava come fossi nel posto sbagliato. Mi chiese ‘sei qui per il provino?’ e io risposi di sì. ‘Con quelle scarpe? Guardale, come puoi pensare di giocare con quelle?’, mi disse. In effetti erano davvero malandate, vecchie e rotte. Poi aggiunse ‘e quei calzoncini? Non hai dei calzoncini da calcio? Gli risposi che ero lì con l’attrezzatura migliore che avevo e che volevo solo giocare e dimostrare le mie qualità. Quando sono andato in campo dovevate vedere la sorpresa nel suo viso. Venne e disse ‘Ti ingaggio subito, giocherai nella mia squadra”. Firmò per la Generation Foot, l’academy che contava fra gli allievi anche Diafra Sakho e Papiss Cissé, prima di sbarcare, un anno dopo, in Francia, per accasarsi al Metz, come da iter di altri illustri calciatori connazionali.Sadio Mané stella del Liverpool

Stella d’Africa, per l’Africa

Il resto è storia tutto sommato recente: voluto fortemente dal “mago” dei Reds, Jurgen Klopp, e divenuto intanto il vicecapitano della nazionale di calcio del suo paese, con la quale si è laureato vicecampione di Coppa d’Africa nel 2019, si è aggiudicato il “Pallone d’oro africano” nel 2019, anno magico in cui con il Liverpool ha trionfato in Champions League. Nell’occasione, dichiarò semplicemente: “Oggi con quello che guadagno grazie al calcio posso aiutare la mia gente: ho costruito scuole e uno stadio, fornisco vestiti, scarpe, cibo per le persone in estrema povertà. Preferisco che il mio popolo riceva un po’ di ciò che la vita mi ha dato”. Al di là dell’ospedale realizzato “così da dare speranza alla gente”, a Bambali sono sorti anche uno stadio, una scuola e una moschea, oltre a un fondo per le famiglie indigenti, senza dimenticare ovviamente la fornitura di kit da calcio per tutti i bambini locali e le donazioni in denaro mensili.

Il capitale umano di Sadio Manè

Un modello di ridistribuzione del capitale che va a sostenere una delle più povere aree del mondo. Nonostante spesso, nel dorato mondo di certi vip, molte azioni suonino banali o artificiose, nell’umiltà di Mané, archivi alla mano, riesce davvero difficile supporlo: proprio un anno fa di questi tempi le telecamere, al suo ingresso allo stadio, andarono a indugiare sulla sua mano, all’interno della quale si notò un telefonino fatiscente. Un’immagine catturata per caso, ma che forse dice più di molte altre parole, per un ragazzo passato dal villaggio di Bambali ai templi dorati del calcio, facendo della sua straordinaria passione sportiva un veicolo di felicità e futuro per tanti. Meno per caso sembra invece come, ancora una volta, anche la sua leggenda passi dal mitico Anfield Road di Liverpool: perché certe vittorie, come certe stelle e certe notti, ricordano i saggi del grande calcio, succedono solo ad Anfield… ma questa, è un’altra storia.

Mario Agostino

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