Stati Uniti / Biden si ritira. Cosa accade ora alla campagna elettorale Usa?

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Joe Biden

(da New York) Senza precedenti. È stata l’espressione usata dai media americani per annunciare il ritiro del presidente americano Joe Biden dalla corsa alla Casa Bianca.
Senza precedenti era la stessa espressione che aveva accompagnato le dimissioni di papa Benedetto XVI. Queste ultime dimissioni, mai accadute in 700 anni, hanno cambiato la storia della Chiesa, scegliendo papa Francesco.
Accadrà lo stesso alla storia degli Stati Uniti, dopo l’annuncio di domenica di Biden?

Dal 27 giugno data del primo disastroso confronto con lo sfidante repubblicano Donald Trump, Biden è stato incalzato da media, donatori, attori di Hollywood, deputati, senatori, ex presidenti tutti decisi nel suggerirgli di lasciare. Il presidente è stato restio. Ha rilasciato interviste, tenuto conferenze stampa e comizi, fino a quando il Covid lo ha costretto nuovamente all’isolamento. Poi domenica, all’13.46 ora locale di New York, sulla piattaforma social X la pubblicazione della lettera ufficiale con cui Joe Biden annunciava un nuovo corso per la sua carriera politica e per il futuro degli Stati Uniti: abbandonava la campagna elettorale.

La rinuncia di Biden

“Anche se era mia intenzione cercare la rielezione, credo che sia nell’interesse del mio partito e del Paese che io mi dimetta e mi concentri esclusivamente sull’adempimento dei miei doveri di presidente per il resto del mio mandato”, ha scritto Biden nella lettera firmata di suo pugno.
Il presidente ha citato i progressi e i successi del suo mandato, dalla riduzione del prezzo dei farmaci, alla prima donna afroamericana alla Corte Suprema. Assieme ad una ripresa economica straordinaria dopo una pandemia che senza precedenti aveva colpito il mondo.

Biden ha detto che si rivolgerà alla nazione la prossima settimana per condividere “maggiori dettagli sulla mia decisione”. Una decisione travagliata, combattuta, tardiva per molti critici e per molti analisti politici. Eppure Biden, pur distante da papa Benedetto per visione, per idee e per modalità di governo condivide con il pontefice dimissionario una vita al servizio di un’istituzione che, in tarda età, si sono trovati ad amministrare.

E da domenica condivide anche l’accettazione del limite e l’umiltà di fare un passo indietro davanti al palcoscenico del mondo. La lettera di Biden non indica i prossimi passi della sua presidenza, né quelli che dovrà intraprendere il partito. Ma è un post ancora sulla piattaforma X ad annunciare il pieno sostegno alla vicepresidente Kamala Harris perché sia nominata prossima candidata per il partito democratico nelle elezioni di novembre.

Joe Biden
Foto Ansa/Sir

Si apre la strada per Kamala Harris

Si va avanti con una candidata più giovane aprendo, per gli Stati Uniti, un processo storico. La possibilità che a guidare la prima potenza del mondo sia una donna di colore, sposata con un ebreo e in grado di ridefinire un modello di governance al femminile.
E questo mentre il partito repubblicano continua a riproporre come suoi candidati due uomini bianchi.
Biden ha definito la scelta della Harris come “la migliore decisione che abbia mai preso”. Ed esorta i compagni del partito a mettere la parola fine alle lacerazioni interne e ad “unirsi e battere Trump”. Il vero avversario di questa campagna, che se eletto ruberà a Biden il primato di presidente più anziano a giurare.

L’ex presidente alla notizia del ritiro non ha lesinato commenti al vetriolo per Biden, definito “il peggior presidente di sempre”. Eppure la storia dirà se l’era Biden con i suoi investimenti nelle infrastrutture e nella banda larga, con la promozione di un’economia green, con la lotta alla povertà infantile e il sostegno ai sindacati, avrà ridisegnato un pezzo di storia dell’America. Nonostante l’inglorioso ritiro dall’Afghanistan, la nuova guerra in Medio Oriente e quei sussidi post Covid, responsabili in parte dell’indomabile inflazione.

Biden rinuncia per il bene del Paese

Stamani e nei prossimi giorni, mentre si susseguono gli attestati di sostegno alla Harris, molti osservatori politici diranno che il presidente Biden è stato messo all’angolo e non ha avuto altra scelta se non quella di porre fine alla sua campagna e che la sua uscita non è stata un atto di grazia, ma un voler salvare la faccia e il partito da una cocente sconfitta anche al Congresso.

Troppa segretezza, troppa arroganza, troppe negazioni dei sondaggi e troppe mezze verità sulle sue condizioni di salute hanno portato il presidente a cavalcare l’onda pupilista di Trump. Poi è arrivato l’annuncio del ritiro, la decisione di abbandonare l’idea di un secondo mandato. Affrontando la verità scomoda che altri quattro anni sarebbero stati estremamente difficili. Biden ha scelto di mettere il bene nazionale di fronte a quello personale e di umiliarsi in un’epoca poco umile.

Cosa accadrà alla campagna elettorale Usa?

Ora che il presidente Biden ha deciso di porre fine alla sua candidatura, il partito democratico potrebbe percorrere due strade. Cioè tenere delle primarie virtuali o invece avere una Convention aperta. Le primarie con voto virtuale consentirebbero di avere un nuovo candidato nominato già all’inizio di agosto, sostenuto da larga parte dei delegati degli Stati. Biden, che ha vinto le primarie, ma non è stato nominato, ne ha conquistati 3.900 su 4.000. I delegati sono rappresentanti degli elettori e decidono ufficialmente il candidato, che in genere è la persona che ha vinto le primarie.

La convention aperta, che si terrà a Chicago il 19 agosto, potrebbe cambiare i giochi.
I delegati di Biden, che ora non sono più impegnati a votare il candidato vincitore delle primarie, potrebbero votare per altri candidati. Enon tanto per Kamala Harris, nonostante abbia il pieno supporto del presidente.
Quando nessun candidato arriva alla Convention con una netta maggioranza di delegati, l’appuntamento si trasforma in una mini-primaria in cui i contendenti cercano di convincere i delegati a votare per loro. E’ la prima volta che un candidato possibile lascia la corsa elettorale, quasi a ridosso delle elezioni e il partito deve agire senza perdere tempo, offrendo direttive immediate, perchè alcuni stati cominciano già a votare in settembre.

Bill e Hillary Clinton, il Black Caucus del Congresso, e vari senatori e deputati hanno rapidamente appoggiato la Harris. Mentre l’ex presidente Obama si è pronunciato per una convention aperta. Intanto tra i candidati probabili di nuove primarie si ventila il nome del senatore Joe Manchin che aveva lasciato i Dem per alcuni disaccordi sulle politiche ecologiche. E che ora potrebbe tornare nel partito e minacciare il primato di Kamala Harris.

Maddalena Maltese

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