Molti dei poveri “assoluti” stimati dall’Istat non percepiscono il Reddito di cittadinanza (Rdc) e molti fra coloro che lo percepiscono non sono poveri, almeno secondo i criteri adottati dall’Istituto di statistica.
Le cause principali di questa distorsione sono la sostanziale esclusione degli stranieri e la penalizzazione delle famiglie numerose, a cui va aggiunto il fatto che il Rdc è una misura identica su tutto il territorio nazionale e quindi non tiene conto del diverso costo della vita nelle diverse aree del Paese e tra grandi e piccoli centri.
È la conclusione a cui giunge uno studio pubblicato dall’Osservatorio sui conti pubblici italiani (Ocpi) dell’Università Cattolica e firmato da Andrea Gorga, Luca Gerotto e Giampaolo Galli.
Lo studio si propone di analizzare i motivi per cui, a fronte di 5 milioni di poveri calcolati dall’Istituto nazionale di statistica, i percettori del Rdc siano soltanto 2,4 milioni.
L’analisi mette in luce come “il disegno del Reddito di cittadinanza” sia “notevolmente distorto rispetto ai criteri usati dall’Istat per misurare la povertà”. Infatti esclude in larga misura gli stranieri poveri, che l’Istat calcola in circa un milione e mezzo, e prevede per i nuclei numerosi “cifre che sono notevolmente inferiori rispetto alle soglie di povertà definite dall’Istat sulla base di una stima delle esigenze di una famiglia con più componenti”.
Così, per esemplificare, il Rdc “è molto generoso con i single che vivono in un piccolo centro del Mezzogiorno”, dove la soglia di povertà Istat è pari a 564 euro, quindi al di sotto dei 780 euro previsti dal provvedimento per un singolo, ed è “insufficiente, rispetto ai parametri Istat, per le famiglie numerose specie se residenti in una grande città del Nord”. Con l’aggravante che “all’aumentare della numerosità familiare la distorsione diventa sempre più rilevante”.
Per effettuare “una stima di quanti ‘veri poveri’ vanno aggiunti al Reddito di cittadinanza e quanti ‘non poveri’ (sempre secondo il criterio Istat) vanno tolti”, lo studio dell’Ocpi incrocia i dati Istat con quelli dell’Indagine sui bilanci delle famiglie italiane condotta dalla Banca d’Italia. L’obiettivo è quello di affinare il calcolo integrando anche una valutazione del sommerso e di altri fattori distorsivi.
Dalle elaborazioni emerge una certa “sovrastima” del numero totale dei poveri, che sarebbero in realtà tra i 3,6 milioni e i 4,3 milioni rispetto ai 5 milioni calcolati dall’Istat, con un 30% di stranieri che però – come si è visto – sono in buona parte tagliati fuori dal Rdc. Non è dunque così inspiegabile che i percettori del Reddito siano fermi a 2,4 milioni (al 7 novembre 2019). Dalle stesse elaborazioni si ricava che il 41,9% degli aventi diritto al Rdc non rispetta i requisiti per essere classificato come povero dall’Istat, mentre i poveri Istat esclusi dal Rdc sono pari all’84,8% dei nuclei che ricevono il sussidio. In pratica “per ogni percettore del sussidio c’è quasi un povero che non lo percepisce” e i “poveri esclusi” sono circa il doppio dei “non poveri” inclusi. Lo stesso studio avverte che tali percentuali sono probabilmente stimate per eccesso, ma la tendenza di fondo è chiaramente individuata.
Peraltro la “sovrastima” dei dati Istat può indirettamente essere un indice dell’effetto di deterrenza che i controlli e le sanzioni previste dalle norme sul Rdc esercitano rispetto al fenomeno della “sottodichiarazione” nelle indagini statistiche.
“Non è solo un fenomeno italiano ed è ben noto nella letteratura internazionale”, ricorda l’Ocpi, ma “può essere particolarmente rilevante in un Paese in cui le imposte evase ammontano a ben 130 miliardi di euro”. “Per chi evade – sottolinea lo studio – fare domanda per il Reddito di cittadinanza significa assumersi il rischio di sanzioni pesanti (incluse sanzioni penali) in caso di controlli che ne attestino la reale condizione”.
Stefano De Martis