Storia della diocesi. Fernando Cento, un vescovo venuto da lontano

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Mons. Fernando Cento, vescovo di Acireale dal 1922 al 1926

 La morte di mons. Bella lasciava tanto sconforto in diocesi. Ci si trovava di nuovo in sede vacante con la relativa instabilità di governo pastorale dopo un periodo brevissimo di ministero pastorale del vescovo. Ancora una volta il rettore del Seminario mons. Michelangelo Scaccianoce viene chiamato a guidare la diocesi da vicario capitolare, ministero che eserciterà dal 31 marzo al 12 novembre 1922. In piena estate, il 22 luglio, arriva la notizia sorprendente della nomina del vescovo. Sorprendente perché il nuovo vescovo non è siciliano ed è giovane. Le domande incuriosite e le indiscrezioni si rincorrono. Pio XI vuole mandare in Sicilia vescovi dal continente e ad Acireale ha inviato un marchigiano, Fernando Cento. Il neo eletto è nato a Pollenza, in provincia di Macerata, ed ha 39 anni. Ordinato sacerdote nel 1905 prosegue gli studi di teologia a Roma presso la Pontificia Università Gregoriana e si laurea in filosofia alla Sapienza. Tra il 1917 e il 1919 è segretario dell’arcivescovo, poi cardinale, Giovanni Tacci, presso la Curia romana. Tornato in diocesi insegna in Seminario e al Liceo Classico di Macerata.

Dal 1919 al 1922 esercita il ministero di canonico parroco della cattedrale di Macerata, nella quale, in seguito all’elezione a vescovo di Acireale, il 3 settembre 1922, viene consacrato vescovo. Da Macerata parte la prima lettera pastorale nella quale si presenta alla diocesi manifestando le sue intenzioni. Impendam et superimpendar. Sarà questo il motto episcopale del vescovo Cento nel quale è racchiuso il desiderio di spendersi totalmente per il bene del suo gregge: “Sappiate dunque che il vostro Vescovo darà a voi tutti i suoi pensieri, tutti i suoi palpiti, tutte le sue energie fisiche, intellettuali e morali, pronto, se occorra, ad offrire per voi la vita”. La diocesi lo accoglie trionfalmente il 12 novembre 1922. Il nuovo vescovo adesso ha bisogno di tempo per conoscere una realtà totalmente nuova e per questo da Roma gli viene suggerito di avvalersi della collaborazione competente di mons. Giovanni Musumeci, che riconferma vicario generale.

Insieme con lui bisognerà portare a termine l’opera di avviamento delle parrocchie dal punto di vista giuridico e pastorale con la conseguente problematica del sostentamento del clero mediante la “congrua”. Si inizia con la riforma dei vicariati che saranno dodici, il vicariato urbano, quello suburbano, e gli altri vicariati corrispondenti grossomodo agli altri comuni della diocesi. Nell’ambito dei vicariati si terranno gli incontri mensili di clero per la soluzione del caso morale e per discutere dei problemi pastorali delle parrocchie. L’altro problema da affrontare è quello dei confini delle nuove parrocchie per i quali viene costituita una apposita commissione: in genere viene seguito il criterio di lasciare invariati i confini territoriali precedenti delle chiese sacramentali per prendere in esame i casi controversi.

Emblematico fra tutti quello fra le due parrocchie di Linera e Cosentini, le quali, a causa del disastroso terremoto del 1914, avevano cambiato completamente assetto urbanistico. Appositi decreti stabilivano nei dettagli i confini della giurisdizione territoriale delle singole parrocchie. A partire dal 17 giugno 1923 la diocesi vive il dramma della città di Linguaglossa che rischia di essere travolta dalla lava. Fra le massime autorità il primo ad accorrere è il vescovo Cento che per diversi giorni rimane in quella città a portare conforto alla popolazione. Il vescovo sta fra la gente, prega, presiede la processione con la statua del patrono S. Egidio e rivolge al popolo radunato davanti al fronte lavico, nel piazzale della stazione della Cicumetnea, forti parole di fede e di speranza.

Il giovane vescovo, sempre presente, accoglierà il re Vittorio Emanuele III e il capo del governo Benito Mussolini. Rallenta il fronte lavico che si dirige verso il centro ma se ne forma un altro che punta verso il quartiere Catena. Dopo che alcune case vengono travolte e parecchi noccioleti distrutti la furia della lava si arresta e il quartiere viene risparmiato, ma ancora un altro fronte lavico prosegue verso i fertili noccioleti di Castiglione per poi esaurirsi. Ritornato ad Acireale il vescovo non vuole occuparsi solo della curia o delle parrocchie, egli pensa soprattutto al Seminario per il quale lancia in diocesi l’Opera di San Carlo Borromeo allo scopo di radunare benefattori per raccogliere offerte a sostegno di quella comunità. Per dare slancio e rinnovamento al Seminario il vescovo nomina vice rettore don Angelo Calabretta e maestro di spirito don Michele Cosentino, due giovani promettenti sacerdoti che avevano studiato a Roma presso l’Almo Collegio Capranica. Così il Seminario dopo anni di crisi prende quota e in diocesi si comincia a respirare aria nuova e in tanti fra il clero e i laici si sprigiona una forte carica di entusiasmo.

 Giovanni Mammino

 

Nella foto: Mons. Fernando Cento, vescovo di Acireale dal 1922 al 1926