Storia di Mohamed / Migranti, bisogna conoscerli per amarli

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Il Santuario del Sacratissimo Cuore di Gesù di Acireale ed il suo instancabile rettore, don Orazio Barbarino, continuano a donare alla città esperienze uniche, formative, di fede e di solidarietà.
In uno di questi incontri, tenutosi nel cortile della canonica, un folto e variegato pubblico ha assistito ad un’esperienza formativa e cioè all’ascolto della storia di un giovane proveniente dall’Africa.

Mohamed, che ha raccontato della sua vita e di come sia arrivato in Italia tra sacrifici e terribili violenze, ha aperto una piccola finestra sul cammino di questi ragazzi che incontriamo per le nostre strade.
Padre Orazio ha dato inizio alla serata presentando la figura di Noemi Zappalà, una giovane donna, ex alunna di Barbarino, che ha iniziato a frequentare il Santuario.
Presentandosi al rettore gli ha esposto la sua vita. Noemi insegna l’italiano agli stranieri che arrivano ad Acireale ed ha un’ottima esperienza sul campo.

Noemi insegna l’italiano ai ragazzi stranieri

“È necessario capire chi è il singolo e conoscerne la storia anziché approcciarsi a loro come gruppo” – ha detto don Orazio. Noemi non si limita solo ad insegnare loro la lingua ma cerca di indirizzarli e di seguirli: e loro la ascoltano.
Certamente, questi ragazzi vedono in lei l’amore e la passione verso l’Africa, il loro paese, e lei dice di sé che ha il mal d’Africa. Noemi ha dato la possibilità agli intervenuti di conoscere il pensiero di uno di loro senza definirli in generale extracomunitari. È importante conoscere cosa dice ciascuno di loro, anziché lasciarsi guidare dai pregiudizi, ascoltando solo le voci che corrono e che spesso avvelenano anche i credenti.

Migranti: dietro un nome una storia

Noemi si è soffermata sulla condivisione della sua formazione. Lei ha iniziato a insegnare l’italiano ai richiedenti asilo a Torino ed ha capito che era un lavoro che l’appassionava e quindi si è specializzata nelle lingue per potere fare ancora meglio. Ricorda da sempre il suo amore per l’Africa, anche se nel tempo è cresciuto e si è affinato. Noemi ha detto che noi usiamo il termine “migranti” che vuol dire gente che si allontana dalla sua terra.
In questo termine sono racchiusi personaggi che provengono da varie parti del mondo e che decidono di spostarsi in cerca di una vita migliore. Ma ognuno di loro è una persona ed ha un nome: Mohamed, Zareb, Umi. Ed ognuno di loro ha una sua storia ed un viaggio che, quasi sempre, ha dell’inverosimile.

Noemi ha cominciato a lavorare con i migranti nel 2022. Erano 52 ragazzi, maschi, perché le donne sono separate dagli uomini perché devono stare con i bambini. Al loro arrivo entrano nei vari progetti di accoglienza che durano tre anni. È chiaro che dietro c’è anche una speculazione. Perché lo Stato, per ognuno di loro, deve stanziare una somma che va dai 100 ai 150 euro per farli rimanere nei centri di accoglienza. Durante la loro permanenza sono privati dei documenti e, di conseguenza, non possono cercarsi un lavoro.

Don Barbarino, Noemi Zappalà e Mohamed
Don Orazio Barbarino seduto, Noemi Zappalà e Mohamed

Migranti: storia di Mohamed

A conclusione della serata Mohamed, un giovane ragazzo, ha raccontato, in un italiano stentato ma abbastanza comprensibile, la sua vita. Una vita così breve, perché molto giovane, ma così pregna di esperienze forti e feroci che hanno segnato la sua esistenza.
Ha parlato di sè dodicenne e del suo attaccamento alla madre oltre che ai fratelli e al padre. Della perdita della madre e al suo desiderio di riscatto in una terra diversa dall’Africa. Delle atrocità e delle ingiustizie subite per arrivare in Italia.

La sua esperienza, per chi ha visto il film “Io capitano”, era molto simile, quasi come un copione.
Questo fa pensare che tutti quelli che troviamo nelle nostre strade hanno seguito lo stesso amaro percorso. O meglio, quelli che vediamo sono quelli che alla fine ce l’hanno fatta ad arrivare nella nostra terra. Molti altri no.

Mariella Di Mauro