Tutti conosciamo il partito della Democrazia Cristiana, ma non tutti però siamo al corrente delle origini e del suo arrivo al potere. Cerchiamo brevemente di fare chiarezza sulla situazione politica post-guerra, dal referendum istituzionale del 1946 sino alle ispirazioni al Partito Popolare Italiano fondato da Luigi Sturzo.
Sturzo Democrazia Cristiana / Il referendum del 2 giugno 1946
Nel referendum del 2 giugno del 1946 prevale la creazione della prima Repubblica. Di lì a poco, i partiti partecipi della liberazione nazionale si sarebbero contesi il controllo dell’Assemblea costituente, poi dello Stato, tra una votazione e l’altra, per la creazione della Costituzione e il controllo della futura repubblica. Da tale lotta uscì detentrice di un quasi monopolio politico la Democrazia Cristiana. Un potere che tenne di fatto fino alla fine del millennio. Si ispirava al partito popolare di vent’anni prima fondato da Sturzo, anche se in buona parte si discostava dalla base impartita dallo stesso.
Il 5 settembre del 1946 Luigi Sturzo infatti, quando torna dal suo ventennale esilio, viene percepito come un estraneo dai suoi contemporanei. Tanto da essere ai loro occhi un uomo diverso. In realtà i suoi ideali erano gli stessi che aveva propugnato contro l’ormai defunto fascismo, ma in parte anche contro i suoi presunti “eredi” politici. La DC difatti era un “partito cristiano”: già il termine era antitetico per il prete di Caltagirone. Usava il collante religioso contro gli avversari di sinistra, cosa che non aveva mai fatto Sturzo nel suo partito di fatto aconfessionale. Al contempo, Sturzo aveva lottato per le autonomie regionali fin prima dell’esilio, riponendo in esse la possibilità di risolvere molte questioni sociali. Mentre le politiche del nuovo governo tardarono qualsiasi decentramento fino al 1970 (anno di istituzione delle regioni italiane).
Luigi Sturzo: Democrazia Cristiana / La vita da senatore italiano
Non erano solo queste “piccole” differenze di programma a far diventare Sturzo un critico della politica italiana di allora. Quanto piuttosto il comportamento degli stessi partiti che si insinuarono nella vita pubblica e privata, burocratizzando (e quindi paralizzando) lo Stato, associandosi con profondi legami ai ricchi imprenditori.
In pratica, ai vecchi funzionari benestanti erano subentrati gli imprenditori che, quando non inseriti, riuscivano comunque a influenzare i partiti e conseguentemente la politica. Ciò a suo avviso avrebbe nullificato qualsiasi tentativo di risoluzione dei problemi che avevano caratterizzano l’Italia e la sua politica. Conscio di ciò nel 1958, allora senatore, tentò invano di varare una legge volta a limitare il potere dei partiti. Fu l’ultimo tentativo di continuare la sua lotta prima di morire l’8 agosto del 1959. Con un messaggio indimenticata e, in buona parte, rimasto irrealizzato da particolarismi clientelari e lobbismi miopi.
Emanuele Giuseppe Russo