Storia / Rivoluzione siciliana del 1848: i Siciliani contro l’assolutismo

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Rivoluzione siciliana del 1848 i Siciliani contro l'assolutismo

I Vespri Siciliani non sono stati l’unica volta in cui i Siciliani hanno cercato, con la violenza, di scegliere il proprio destino. Anzi, la Sicilia vanta più di diversi tentativi in merito, ma nella storia contemporanea il più significativo è senz’altro la Rivoluzione del 1848. Il 1848 è l’anno dell’ondata dei moti rivoluzionari che interessarono l’Europa e presero il nome di Primavera dei popoli. Animati da un spirito liberaldemocratico, i popoli si ribellarono alle vecchie monarchie assolute e portarono alla nascita di stati-nazione indipendenti. La rivoluzione siciliana fu la prima a scoppiare in Europa.

Storia / Sicilia oppressa sotto i Borbone 

Il Congresso di Vienna aveva sancito un nuovo equilibrio internazionale post-Napoleonico, cercando quindi di garantire che le conquiste rivoluzionarie venissero limitate o eradicate in nome del vecchio ordine. In realtà non era così semplice, rispetto a quanto si credeva sulla carta, tornare indietro.

Sebbene considerati una potenza singola, il regno di Sicilia e di Napoli erano autonomi, o almeno fino al 1816. In quell’anno vennero soppresse le autonomie dei due regni, facendo nascere il Regno delle Due Sicilie. Nello specifico della Sicilia, l’isola era rimasta sotto i Borbone, i quali l’avevano lasciata in uno stato di degrado o abbandono. Il governo borbonico, negli anni non aveva fatto altro che accrescere il malcontento popolare. Le sommosse anti-borboniche del 1820-1821 e la rivolta popolare del 1837 ne furono un chiaro esempio. In entrambi i casi, i Borbone sedarono le rivolte con metodi brutali e oppressivi.rivoluzione siciliana

Storia / Le cause della rivoluzione siciliana 

Economicamente, l’isola era povera di risorse con un’economia arcaica, e i pochi tentativi di industrializzazione erano gestiti (a fronte di enormi rischi) dagli inglesi o da alcune famiglie locali fortunate come i Florio. Oltremodo l’isola ospitava grandi giacimenti di zolfo, ma la mancanza di infrastrutture non garantivano il suo pieno sfruttamento. Quindi, nonostante l’abolizione del feudalesimo nel 1812, nell’isola primeggiava sempre e comunque la grande proprietà terriera, con grande povertà dei ceti bassi. Il ’48 Siciliano era quindi il risultato di decenni di impoverimento economico e politico. Borghesi, aristocratici e ceto basso avevano di che guadagnare ribellandosi nuovamente, e stavolta come mai era accaduto nella storia del neonato regno, rivendicando persino l’indipendenza.

Storia / Lo scoppio della Rivoluzione siciliana 

Tutto iniziò il 12 gennaio a Palermo (data che non a caso coincise con il compleanno di Ferdinando II), ma già da tre giorni prima, manifesti e volantini incitavano i Siciliani alla rivolta. Vari amministratori ed esponenti dell’aristocrazia presero le redini di un moto popolare, cacciando la guarnigione della città. Da lì la rivolta si diffuse nei dintorni e nelle altre 100 città siciliane tra cui Catania, Messina, Caltanissetta.

Ferdinando II cedette la possibilità di ripristinare la Costituzione precedente (del 1812) ma i rivoluzionari, forti della galvanizzante vittoria, desideravano maggiori garanzie. Fu istituita una guardia nazionale e a tutti gli effetti la Sicilia divenne uno stato indipendente. Riaprì il Parlamento e vennero indette pubbliche elezioni. Il Parlamento era scelto da un elettorato in base al censo, venivano quindi escluse le masse povere e analfabete. Formato da aristocratici e benestanti, era presieduto da Ruggero Settimo.

Storia / La Rivoluzione conservativa 

Ne scaturì quindi che la rivoluzione divenne via via più conservativa, tesa alla stabilità tramite il compromesso tra borghesia e aristocrazia, ma senza avanzare sul piano di qualsiasi altra riforma. La partecipazione popolare e quindi la trasformazione liberale del nuovo stato, o peggio l’attuazione di idee radicalmente rivoluzionarie erano precluse. Nonostante questo, il moto fu in stretta relazione con tutti quelli moti italiani che portarono alla prima guerra d’indipendenza italiana (1848-49), i quali resero vana la mediazione inglese intenta a fare accettare ai rivoluzionari le sempre più generose concessioni di Ferdinando II.

Storia di una Rivoluzione siciliana / I bombardamenti a Messina 

Ma la guerra d’indipendenza finì presto, e disastrosamente. Con essa tramontarono temporaneamente qualsiasi speranza di successo rivoluzionario, e con la fine dei moti lungo l’intera penisola vi era anche l’imminente epilogo della vicenda siciliana. A tardare l’offensiva vi fu l’intervento della mediazione inglese, la quale ottenne un armistizio di 6 mesi in coincidenza dei primi bombardamenti a Messina, nel settembre del 48’ (ciò a salvaguardia dei propri investimenti nell’isola). Nonostante tale tempo la guardia nazionale non si organizzò.

Nel 1849 l’isola, a causa dell’indecisione politica e della paralisi amministrativa, era stata lasciata in mano alla criminalità e a una quasi anarchia già da molti mesi, spingendo le masse a desiderare un ritorno all’ordine. Di conquiste terriere e sociali per i ceti poveri, gli unici che potevano sovvertire le sorti, nemmeno l’ombra; un disperato tentativo da parte del regno di evitare la conclusione fu la proposta di incoronare un Sabaudo, e legarsi così al Piemonte, anch’essa rifiutata dagli stessi Savoia.

Storia / Il continuo della rivoluzione nella spedizione dei Mille 

Dopo una resistenza eroica Messina cadde agli inizi del 49’, seguita poi da un ultimo tentativo disperato a Catania. Da lì in poi l’esercito Borbonico penetrò nell’isola senza incontrare opposizione fino a maggio, quando cadde Palermo l’ultimo baluardo della rivoluzione. La rivoluzione del 1948 finiva lì dove era iniziata. Il governo Borbonico ripristinò l’assolutismo, ristabilendo l’ordine precedente e rinnovando nuovamente l’insofferenza popolare, la stessa insofferenza che un decennio dopo avrebbe dato modo ai capi rivoluzionari, esiliati, di vendicarsi con la spedizione dei Mille.

Giuseppe Emanuele Russo

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