La “Voce” di cui si parla nel racconto che segue è come se giungesse colma di speranza, in un periodo come questo in cui il mondo intero è in ginocchio per la pandemia da coronavirus, quasi ad invitarci a rafforzare la nostra fede.
Protagonista della vicenda, rimasta in sospeso, è la signora Rosa Mannino di Randazzo, che sin da ragazza è sempre stata vicina alla Chiesa e, precipuamente, ha operato nella parrocchia alla quale apparteneva, quella del Sacro Cuore, dove ha svolto anche il ministero straordinario dell’Eucarestia, tant’è che la 92 enne ricorda tutti i parroci che si sono succeduti: don Salvatore Cariola, don Carmelo Torrisi, don Salvatore Ragusa, don Carmelo La Rosa e oggi don Salvatore Grasso.
Chiamata alla vita religiosa, entrò nel convento delle suore di Carità di santa Giovanna Antida della stessa cittadina medioevale. Durante il noviziato si palesò una calcificazione al ginocchio destro che non tardò a bloccare completamente l’arto. A nulla valsero visite e cure; i medici presero in considerazione anche l’idea di poter intervenire chirurgicamente, ma ciò avrebbe portato all’accorciamento della gamba con conseguente passo claudicante; e quindi si astennero.
Fu così che, anche dietro il consiglio della sorella Edvige, che aveva preso i voti nel medesimo convento, Rosa rientrò in famiglia senza per questo tralasciare la vita di chiesa. Ed era per l’ingombro causato dalla gamba destra che le consentiva la sola posizione dritta, che durante la funzione occupava sempre lo stesso posto, per evitare di disturbare gli altri fedeli.
Un bel giorno, nella parrocchia che era solita frequentare, si discuteva in merito a un pellegrinaggio a Lourdes e fu così che Rosa, senza pensarci su, diede la sua adesione.
Il pellegrinaggio si svolse in estate. Rosa Mannino, quanto mai infervorata, fece la prima sosta di preghiera all’interno del santuario di Nostra Signora di Lourdes, davanti alla Grotta di Massabielle, dove si isolò in raccoglimento. Mentre gli altri si allontanarono per la processione pomeridiana, lei, essendo impedita nel movimento, rimase seduta sulla panca con la gamba poggiata sul sedile anteriore.
“Correva l’anno 1967, era il 16 agosto – con gli occhi lucidi color del cielo limpido inizia il suo travolgente e particolareggiato racconto, seppur sono trascorsi quasi 53 anni -. Io ero tranquilla, stavo con la gamba destra tesa sulla panca, quando all’improvviso sentii una voce interiore che mi diceva ‘scendi la gamba dalla sedia’. Mi sono confusa, non potevo credere a quelle parole. Ma la voce mi invitò più volte, con le stesse parole, a posare il piede destro a terra. Io pensavo di non poterlo fare perché sapevo di non potere piegare l’arto: ma la voce insistette fino a quando posai il piede a terra e la gamba si piegò subito; cominciai a camminare e non credevo a quello che, invece, stavo effettivamente facendo: muovere le gambe una dietro all’altra, come le persone normali. Mi vedevo come una stupida e, presa da uno strano sentimento di felicità, mi diressi subito verso il luogo della processione, dove quanti mi conoscevano non ebbero il tempo di rimproverarmi per avere affrontato quel pezzo di strada da sola in quelle condizioni di menomazione e non credettero ai loro occhi: si accorsero che camminavo e mi muovevo regolarmente.
“Immenso fu lo stupore di tutti i partecipanti alla processione, contagiati dai miei compagni di pellegrinaggio. Così andai dal medico del Santuario, che si meravigliò non poco e affermò come si vedesse chiaramente, eseguendo delle radiografie, che il ginocchio era stato interessato da una calcificazione completamente scomparsa.
“I giorni successivi – aggiunge Rosa – li ho vissuti, tra l’incredulità di tutti e soprattutto mia, ringraziando intensamente il Signore e la Madonna per la grazia ricevuta”, benché ella non avesse mai chiesto il miracolo.
La notizia si diffuse subito in paese e, al suo ritorno, Rosa fu al centro dell’interesse dei cittadini e soprattutto degli ambienti cattolici. A visitarla e a constatare come il suo ginocchio fosse “normale”, con l’articolazione del tutto scarcerata tanto da consentirle di muoversi liberamente, fu il suo medico di famiglia, il dott. Giuseppe Petrina. La Mannino ricorda perfettamente il primo incontro con lui: “Battè un colpo di martello sul mio ginocchio ed asserì emozionato: quello che può fare il Signore non lo può fare nessuno”.
Da questa considerazione si capisce chiaramente come l’evento non avesse spiegazione scientifica. Purtroppo nessuno, all’epoca, pensò di rivolgersi al Santuario di Lourdes e neppure alle autorità ecclesiali della Diocesi acese in modo tale da esaminare la guarigione della signorina e vedere se la Chiesa potesse riconoscerlo come miracolo.
La signora Mannino vive oggi con la nipote Antonella Franco e il marito di lei, Salvatore Di Stefano, a Randazzo. Antonella aggiunge: “Non so dire neanche se esistono documenti, soprattutto di carattere sanitario, utili per una istruttoria di tale portata”. Diversi altri parenti ricordano, invece, che Rosa, quando tornò da Lourdes, disse di essere stata sottoposta, e per più giorni, a diversi esami medici.
Un miracolo non riconosciuto forse solo per negligenza. perché nessuno si curò di portare i fatti a conoscenza degli uffici del Santuario mariano francese, ma che continuerà, tra la gente, a essere considerato, appunto, un evento soprannaturale.
Maria Pia Risa