Sulla strada della Quaresima- 2 / Giovedì dopo le Ceneri. La croce, segno di speranza

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Dal vangelo secondo Luca (Lc 9, 22-25)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».

Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà. Infatti, quale vantaggio ha un uomo che guadagna il mondo intero, ma perde o rovina se stesso?».

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Il logo del Giubileo presenta delle persone in cammino (i cui colori simboleggiano i continenti del mondo), aggrappati ad una croce la cui base è formata da un ancora. Più che portare la croce, sembra che questi personaggi siano portati dalla croce e, secondo Sant’Agostino, questo è il modo più bello per essere partecipi del mistero di salvezza. Scrive, infatti, il Santo Dottore: “Quando ti senti stanco di portare la croce, aggrappati ad essa e la croce porterà te”.

Nel brano del vangelo di oggi Gesù ci chiede di portare la croce e seguirlo, come condizione fondamentale per essere suoi discepoli. Sappiamo bene che la croce è pesante e vorremmo a tutti costi evitarla; siamo altresì consapevoli che questo strumento di morte, è diventato il vessillo della nostra salvezza e la sorgente della nostra speranza, perché, laddove “gli uomini avevano scritto la parola ‘fine’, Dio scrive ‘principio’, nella risurrezione del Figlio” (Catechismo degli Adulti, Signore da chi andremo).

Aggrappiamoci alla croce quando il dolore incombe nella nostra vita; quando la sconfitta sembra pesare; quando la sofferenza ci lacera; quando le amarezze e le delusioni della vita tentano di prevalere; quando non vediamo altro che buio attorno e dentro di noi.

Ancoriamoci alla croce, unica speranza, perché proprio nei momenti peggiori abbiamo bisogno – come ci ricorda Papa Francesco – di “abbondare nella speranza (cfr. Rm 15,13) per testimoniare in modo credibile e attraente la fede e l’amore che portiamo nel cuore; perché la fede sia gioiosa, la carità entusiasta; perché ognuno sia in grado di donare anche solo un sorriso, un gesto di amicizia, uno sguardo fraterno, un ascolto sincero, un servizio gratuito, sapendo che, nello Spirito di Gesù, ciò può diventare per chi lo riceve un seme fecondo di speranza” (Papa Francesco, Bolla di indizione del Giubileo, Spes non confundit, n.18).

Noi abbiamo come modello Cristo, che è la misura alta della vita cristiana. Se Lui, che era Dio ha scelto la via dell’abbassamento “fino alla morte e alla morte di croce” (Fil 2,8), vuol dire che nel dolore c’è tanta esperienza di servizio.

La Quaresima appena iniziata ci alleni alla pazienza. “Riscoprire la pazienza fa tanto bene a sé e agli altri. San Paolo fa spesso ricorso alla pazienza per sottolineare l’importanza della perseveranza e della fiducia in ciò che ci è stato promesso da Dio, ma anzitutto testimonia che Dio è paziente con noi, Lui che è «il Dio della perseveranza e della consolazione» (Rm 15,5). La pazienza, frutto anch’essa dello Spirito Santo, tiene viva la speranza e la consolida come virtù e stile di vita. Pertanto, impariamo a chiedere spesso la grazia della pazienza, che è figlia della speranza e nello stesso tempo la sostiene” (Papa Francesco, Spes non confundit, n. 4).

La pazienza nel portare la nostra croce e seguire il Maestro, non ci condurrà nel baratro ma nel sentiero luminoso del mattino di Pasqua, dove guardando a ritroso, comprenderemo che ogni cosa, vissuta o patita, aveva un senso.

Don Roberto Strano