Sulla strada della Quaresima – 3 / Venerdi dopo le ceneri. Il digiuno segno di speranza

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Dal vangelo secondo Matteo (9,14-15)

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?».

E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno».

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“Quaresima: tempo privilegiato di penitenza e di digiuno. Ma quale penitenza e quale digiuno vuole dall’uomo il Signore? Il rischio, infatti, è di «truccare» una pratica virtuosa, di essere «incoerenti». E non si tratta solo di “scelte alimentari”, ma di stili di vita per i quali si deve avere l’«umiltà» e la «coerenza» di riconoscere e correggere i propri peccati” (Papa Francesco, omelia santa Marta, 16.2.2018).

Dinanzi alla domanda degli osservanti della legge, Gesù risponde con un tono decisamente pacato, superando l’osservanza legalistica. Da questa tentazione dell’osservanza della legge, in quanto tale, senza entrare nella verità, nessuno di noi risulta essere esente.

Come recita l’odierna preghiera colletta dobbiamo far sì che “all’osservanza esteriore corrisponda un profondo rinnovamento dello spirito”, altrimenti tutto risulterebbe falsato.

Liberarsi non solo dal cibo ma da tutto ciò che dà dipendenza

“Il digiuno, non è una dieta, anzi ci libera dall’autoreferenzialità della ricerca ossessiva del benessere fisico, per aiutarci a tenere in forma non il corpo, ma lo spirito. Il digiuno ci riporta a dare il giusto valore alle cose. In modo concreto, ci ricorda che la vita non va sottomessa alla scena passeggera di questo mondo. E il digiuno non va ristretto solo al cibo: specialmente in Quaresima si deve digiunare da ciò che ci dà una certa dipendenza. Ognuno ci pensi, per fare un digiuno che incida veramente sulla sua vita concreta” (Papa Francesco, omelia Mercoledì delle Ceneri, 22.2.2022).

Per questo motivo il profeta Gioele, mercoledì, ci ricordava che occorre “lacerarsi il cuore, non le vesti”. Altrimenti cadiamo nella tentazione che per il fatto di aver rinunciato a del cibo, siamo a posto.

Il digiuno, se vuole essere un segno di speranza, deve essere fatto per, ovvero deve avere un fine. Se digiuno in ordine al cibo è inevitabile che quel giorno spenderò meno in ordine alle cibarie, se ciò che non ho speso lo conservo, ho solamente risparmiato, se – invece – lo dono ho condiviso e motivato il mio digiuno. Quanto riferito al mangiar può essere applicato in ogi campo di cui decido di digiunare.

Una preghiera di San Tommaso Moro

Ciò che soprattutto conta è che ogni forma penitenziale, tra cui rientra il digiuno, non sia mai ostentato e compiuto con il buonumore, come ci ricorda San Tommaso Moro, in sua preghiera:
Signore, donami una buona digestione e anche qualcosa da digerire.
Donami la salute del corpo e il buon umore necessario per mantenerla.
Donami, Signore, un’anima semplice che sappia far tesoro di tutto ciò che è buono e non si spaventi alla vista del male ma piuttosto trovi sempre il modo di rimetter le cose a posto.
Dammi un’anima che non conosca la noia, i brontolamenti, i sospiri, i lamenti, e non permettere che mi crucci eccessivamente per quella cosa troppo ingombrante che si chiama “io”.
Dammi, Signore, il senso del buon umore. Concedimi la grazia di comprendere uno scherzo per scoprire nella vita un po’ di gioia e farne parte anche agli altri. Amen

 

Don Roberto Strano